"L'Italia truccò i conti per entrare nell'euro"
Der Spiegel: "E Kohl sapeva tutto"
Fonte: tgcom24 (notizia del 7 maggio
2012)
Il settimanale ha pubblicato i documenti del 1998 sui rapporti tra ambasciata tedesca e Roma in un articolo di cinque pagine.
L’Italia non era ancora pronta per entrare nell’Euro e l’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl ne era a conoscenza. Documenti alla mano, il settimanale tedesco Der Spiegel racconta punto per punto,
data dopo data, quello che è successo tra il 1997 e il 1998 per permettere al nostro Paese di entrare a far parte dell’Unione Europea. “Operazione autoinganno” è il titolo di un articolo di
cinque pagine apparso sulla rivista di Amburgo.
Der Spiegel ha avuto accesso a centinaia di pagine, rapporti e verbali manoscritti dei colloqui avuti dal “cancelliere della riunificazione” Kohl.
Stando alle carte l’Italia non sarebbe mai potuta entrare nell’Euro perché i suoi conti non erano assolutamente in regola. “A decidere sul suo ingresso non furono criteri economici ma
considerazioni politiche” si legge nell’articolo del settimanale che denuncia: “In questo modo si creò il precedente per una decisione sbagliata ancora maggiore presa due anni dopo, l’ingresso
nell’euro della Grecia”.
Klaus Regling, attuale
responsabile del fondo salva stati Efsf e all’epoca capo del dipartimento del ministero delle Finanze tedesco conferma a Der Spiegel: “Fino al 1997 avanzato, al ministero delle Finanze non
credevamo che l’Italia riuscisse a rispettare i criteri di convergenza".
Il governo Kohl, quindi, sarebbe stato perfettamente a conoscenza della reale situazione dell’Italia e del suo bilancio ma non
si sarebbe mosso perché priorità assoluta era che il nostro Paese entrasse nell'area euro. Se si bloccava l’ingresso dell’Italia, infatti, anche la Francia si sarebbe tirata indietro e la
Germania si sarebbe trovata “in una posizione di trattativa debole”.
Ripercorrendo quello che è accaduto, il 3 febbraio 1997 lo stesso ministero tedesco aveva
constatato che a Roma “importanti misure strutturali di risparmio erano venute quasi del tutto meno per garantire il consenso sociale” mentre il 22 maggio dello stesso anno in una nota per il
cancelliere Kohl si legge che “non c’è quasi nessuna chance che l’Italia rispetti i criteri”.
Persino l’allora sottosegretario alle finanze Juergen Stark, fino all’anno scorso capo economista
della Bce, il 22 gennaio 1998 durante un vertice con una delegazione governativa italiana aveva constatato che “la durevolezza di solide finanze" non era "ancora garantita”.
Fu Hoerst Koehler, allora presidente dell’Associazione delle Casse di Risparmio tedesche, a
scrivere una lettera a Kohl a metà marzo insieme a uno studio dell’archivio dell’Economia mondiale di Amburgo. Koehler spiegava che l’Italia non aveva rispettato le condizioni per una durevole
riduzione del deficit e costituiva un “rischio particolare” per l’euro. L’ex cancelliere tedesco però, a quanto pare fece orecchie da mercante. Bitterlich, allora consulente di Kohl per la
politica estera al vertice Ue nel maggio 1998 affermava infatti “la parola d’ordine politica era: per favore non senza gli italiani”.
Dai documenti emerge anche che l’Italia, nel corso del 1997, chiese per due volte di rinviare la
partenza dell’euro, ma la Germania rifiutò perché la data d’inizio era ormai diventata un “tabù”.
Tutte le speranze tedesche erano riposte nell’allora ministro del Tesoro italiano Carlo Azeglio
Ciampi. “Per tutti era come un garante dell’Italia, lui ce l’avrebbe fatta” prosegue Bitterlich nell’intervista con Der Spiegel “alla fine con una combinazione di trucchi e di circostanze fortunate gli italiani riuscirono a rispettare i criteri di
Maastricht".
Il Paese trasse vantaggio da tassi di interesse storicamente bassi ”come
l’introduzione della “tassa per l’Europa”, la vendita delle riserve auree alla banca centrale e le tasse sugli utili che fecere scendere il deficit di bilancio in misura corrispondente “anche se
gli esperti statistici dell’Ue in seguito non accettarono questi trucchi”.
Nel Der Spiegel si legge che il cancelliere
tedesco si fidò delle dichiarazioni di Ciampi sulla riduzione al 60% del debito pubblico entro il 2010 che invece non si è realizzato.
Bisogna ricordare però che l’Italia, in quegli anni, era la maggior concorrente della
Germania sul mercato internazionale per l’esportazione di prodotti manifatturieri, idrici e meccanici. Il mancato ingresso del Bel Paese nell’euro, avrebbe perciò rischiato di rendere difficile i
rapporti commerciali tedeschi con gli altri stati. Il basso valore della lira rispetto alla moneta europea avrebbe reso i prodotti italiani molto più
economici rispetto a quelli delle industrie tedesche e perciò, a parità di qualità, molto più appetibili.