ovvero
Rielaborazione di appunti del 2004
pubblicati nel web col titolo “In parole povere”
La scientificità del calcolo del PIL non esiste se non come IDIOZIA. Prima del 1971 gli economisti lo sapevano. Oggi l’hanno scordato o fanno finta di scordarlo, dato che in definitiva tale calcolo è ancora fatto “ad occhio”. Ma è una vera e propria calamità che permane come terrorismo di Stato e che genera, se lo si vuol vedere, fenomeni come ISIS e guerre. Con la canzone del 2004 intitolata “PIL, PILASTRO DELLA TRUFFA” denunciavo questo pericolo. Ma non fu capita. Lo stesso dicasi degli appunti che pubblicai per spiegare il problema nel web col titolo “In parole povere” o come breve intervento sul quotidiano piacentino LIBERTÀ del 17 agosto 2005, intitolato “Un premio per chi sa calcolare il PIL” (http://www.disinformazione.it/calcolopil.htm). La storia dell’umanità dimostra che non è mai esistita una guerra giusta. Eppure oggi la professiamo come fede cattolica, assieme alla pena di morte (cfr. i punti 2309 e 2267 del catechismo: http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm). Quanto segue ripercorre, rielaborandoli, quegli appunti. I Media e gli artisti della TV mostrano sempre più di non avere minimamente compreso i veri problemi della questione sociale, occultati nel sistema plenipotenziario e monopolistico degli Stati occidentali e nell’iniqua emissione di moneta (iniquità del monetaggio, detta signoraggio bancario). Nel conteggio del comico Maurizio Crozza, a proposito dei maggiori esportatori di armi verso i paesi islamici manca, per esempio, fra i vari Stati, quello del Vaticano. Il comico tesse le lodi di un papa che maledice “coloro che operano per la guerra e le armi” omettendo di inserire fra questi maledetti lo IOR (banca vaticana)... Alla fine del XX secolo i gesuiti erano proprietari del 51% della banca d’America. In America la chiesa cattolica possiede terre, banche, imprese strategiche, immobili importanti, scuole, ospedali, ecc. Sindona fu amico del cardinale Marcinkus e di Paolo VI. Calvi, uomo di fiducia della curia, era il “banchiere di Dio” e con Sindona testimoniò come il Vaticano gestisse il cancro della criminalità economica. Anche Gelli era legato al Vaticano e a Calvi. La cupidigia dei prelati è notoria, dato che cedettero o si appropriarono del patrimonio ecclesiastico, praticarono la simonia, la vendita delle cariche, il voto di scambio, l’usura, la vendita d’indulgenze, fecero collette in grande stile e sollecitarono lasciti dalle vedove, fecero traffico d’armi e di droga, e sfruttarono la prostituzione, sempre sfruttando la credulità popolare. Proprio per questi motivi di sfruttamento del mondo intero siamo arrivati alla fede nell’ISIS... Ogni fede è espressione dell’anima umana, contemplata dalla scienza dell’io (mi riferisco alla scienza dello spirito a carattere antroposofico) come “corpo astrale” o “corpo” del movimento interiore ed esterno degli uomini. Ovviamente la fede nell’ISIS, come la fede nella “guerra giusta” o nella “pena di morte” (legge del taglione o dell’occhio per occhio, ecc.) riporta l’uomo indietro, ai tempi veterotestamentari, o tutt’al più a quello delle Crociate, generando anacronismo, rovesciamento dei simboli, sostituzione della causa con l’effetto, del Logos con l’Ethos, e spiritualità alla rovescia, nella quale l’elemento emotivo dell’anima predomina su ciò che invece dovrebbe disciplinarla logicamente: l’io.
RIELABORAZIONE DI APPUNTI DEL 2004
PUBBLICATI NEL WEB COL TITOLO
“IN PAROLE POVERE”.
Quando un essere umano fa qualcosa, crea un’opera, un oggetto, un servizio, un prodotto, arricchisce se stesso e gli altri. Per esempio, un dipinto, un brano musicale, un vaso di ceramica, ecc., potranno avere funzioni coreografiche, e/o di servizi, che potranno naturalmente essere messi sul mercato. Tali servizi sono frutto di talenti umani. Di conseguenza potranno essere barattati con altri servizi del talento umano. Il cosiddetto mercato consiste appunto in questo scambio di valori, e la sua logica si chiama convenienza economica. Lo scambio genera economia, possibilità di guadagno e di risparmio per il domani, cioè anche per quando per un motivo qualsiasi fossi impossibilitato a lavorare o a creare. Devo pertanto necessariamente pensare il risparmio come causa, ed il prodotto come effetto.
Rifiutare la dinamica causa-effetto e adottare la dinamica contraria, cioè pensare il prodotto come causa e la moneta come effetto, sarebbe insensato o sensato solo ad una condizione: quella di creare solo per il commerciale. Se però volessi creare un prodotto col mero fine di immetterlo nel mercato, dovrei verificarne, prima di immetterlo nel mercato, l’utilità, il funzionamento e la necessità. Tali verifiche sarebbero pertanto, a ben vedere, lo scopo principale che quel prodotto dovrebbe avere per essere immesso nel mercato, che risulterebbe finalità secondaria.
Se pretendo avere pane senza soldi - cioè l’effetto senza causa - devo avere credibilità: il panettiere mi da’ il suo pane solo se si fida di me, e sa che, essendo onesto, io poi pago.
Così è, in realtà, anche per le banconote. Esse valgono solo se poggiano sulla fiducia dei cittadini.
Senza tale fiducia, il panettiere che barattasse il suo pane per dei meri foglietti di carta, agirebbe in modo non conveniente, né economico. E ciò vale perfino per i metalli più preziosi: senza fiducia che quella tal libbra di metallo prezioso possa rappresentare un valore circolare valido per tutti, per la mia fame essa varrebbe meno di una briciola di pane. Ecco perché i valori monetari, cartacei o di metallo, non possono che essere convenzionali. Se mi trovo in un deserto e possiedo tante libbre di metallo prezioso e/o tante banconote, io non ho domani: lì, i miei risparmi non sono causa di alcun domani e muoio di fame, anche se ho la macchinetta stampa-soldi. Se invece mi trovo fra i miei simili, fra il popolo, o nella polis, stampando ed immettendo soldi cartacei o di metallo permetto la circolazione dei valori secondo convenzione, cioè secondo il patto fra individuo ed individuo, per il quale si conviene che ai prodotti possano convenientemente corrispondere libbre di metallo o banconote.
Ovviamente, corrispondere non significa il suo contrario: se il valore complessivo di tali libbre e/o di tali pezzi di carta è difettoso, per eccesso o per difetto rispetto ai prodotti di scambio, si determinerà rispettivamente inflazione o deflazione (quando la stagnazione della crescita si accompagna ad un alto tasso d’inflazione, tale inflazione stagnante verrà detta tecnicamente stagflazione). Per esempio, se si operasse come nel film “I soliti ignoti” per stampare banconote, ciò determinerebbe inflazione con danno di tutti. Se invece si distruggesse denaro, si genererebbe deflazione con danno di tutti. Ecco perché una legge che vieti di distruggere soldi, ed un’altra che vieti di stamparli dal nulla, diventano necessarie, ai fini di determinare un equo bilanciamento fra prodotti e valori monetari. Non ci vuole davvero un genio per considerare queste ovvietà.
Come non occorre molta intelligenza all’organismo umano per espletare i suoi bisogni fisiologici, così non ci vuole un genio per accorgersi che l’organismo umano e l’organismo sociale funzionano in base alle medesime leggi di natura. Eppure nessuno sembra comprenderlo. Anzi, per certi studenti di economia politica o di politica economica sembra quasi che il pensare, il sentire ed il volere, che sono le principali caratteristiche dell’organismo umano, non debbano entrare a far parte dell’organismo sociale. I loro insegnanti arrivano addirittura a negare la concretezza stessa dell’idea di “organismo sociale” in nome del concetto astratto di “società”. Per questa visione del mondo non esiste l’organismo sociale ma solo la società. Ovviamente si tratta di una società sempre in deficit e che, pertanto può solo morire, così come muore un fiore distaccato dalle sue radici, dalla terra, dalla luce, dall’aria, e da tutto il suo concreto contesto.
In rapporto alla società astratta, l’uomo non ha radici e soffre.
In rapporto all’organismo sociale l’uomo non soffre, dato che la sua struttura va pensata capovolta: i veri frutti che alimentano l’organismo sociale provengono dalla testa umana, così come la linfa vitale proviene dalle radici dei vegetali. Oltretutto, se si osservano bene tali radici si nota che assomigliano molto alle circonvoluzioni del cervello. Per la giusta immaginazione del “sabato per l’uomo” o delle istituzioni per l’uomo (Mc 2,27), o per il giusto confronto dell’organismo sociale con quello umano si arriva a un giusto risultato solo pensando l’organismo sociale messo alla rovescia. Il segreto della veggenza della similitudine fra organismo sociale e organismo umano è dunque questo capovolgimento: l’uomo astratto dell’astratta società va pensato capovolto, vale a dire piantato con la testa a mo’ di radici nel terreno sociale, come un fiore o un albero.
Con questa veggenza si scorgerà da una parte un sistema nervoso, e dall’altra il sistema economico. Ambedue saranno circolazione diacronica di talenti secondo convenzione fraterna e solidale in quanto conveniente a tutti coloro che vi convengono. Convenire ad una convenzione conveniente a tutti è la vera fraternità.
Si scorgerà allo stesso modo un’altra similitudine di sistema: da un lato il sistema respiratorio e, dall’altro, il sistema giuridico. Ambedue sono garanti della circolazione di ossigeno, nutrimento, ecc., secondo equità, giustizia, uguaglianza, solo se tale circolazione avviene anch’essa diacronicamente, cioè nello spirito del tempo e in tempo: come non è pensabile respirare regolarmente aria avvizzita o nutrirsi di cibo scaduto o andato a male e privo delle proprie caratteristiche organolettiche, così non è pensabile “respirare” o “nutrirsi” di regole o leggi antiquate come ad esempio quella della legge del taglione, dell’”occhio per occhio, dente per dente”, della “legge del sabato” (Es 31,14), e così via. Accettare l’obbedienza cieca a doveri ritenuti ingiusti è anticristiano. Cristiana è solo l’epicheia: neotestamentario diritto di disubbidire alle leggi ritenute ingiuste.
Come terza similitudine si scorgerà un sistema metabolico da un lato e quello socioculturale dall’altro, e si vedrà che la libertà di ricerca apporterà risultati simili a quelli dello sviluppo materiale e immateriale di tutti i soci effettivi dell’organismo sociale.
Come l’organismo umano può vivere e crescere attraverso questi tre sistemi (nervoso, respiratorio e metabolico), così l’organismo sociale non può prescindere da queste tre sue articolazioni: sistema di diritto, sistema economico, e sistema socioculturale.
Solo queste articolazioni possono comporre l’unità vera dei due organismi così comparati. Basta diventarne consapevoli. La loro consapevolezza è l’unica vera rivoluzione possibile del terzo millennio. Esse sono in fondo l’espressione della triade LIBERTÀ-FRATERNITÀ-UGUAGLIANZA: uguaglianza nel diritto e nel respiro; fraternità nelle convenzioni popolari e nei rapporti sinaptici (non esistono assoni non “fratelli” perché un nervo non trasmettente sarebbe solo malato); libertà nella masticazione di cibo e/o di idee.
Domanda: se tutto ciò è una veggenza chiara basata sul buon senso ed accessibile a tutti, come mai allora il mondo è in crisi? Cosa sta succedendo?
Risposta: sta succedendo che l’astratto, domina il concreto, e che pertanto ciò che in concreto è causa, in astratto è fatto diventare effetto. In tal modo il buon senso si fa insensatezza.
Se il senso del prodotto - come sopra accennato - è quello di essere effetto, e se il senso della moneta è quello di essere causa, l’insensatezza generata dal dominio dell’astratto sul concreto, vuole che il prodotto sia oggi considerato la causa, e la moneta sia l’effetto. A questo punto, affinché la catastrofe sia piena, basta tirare in ballo il PIL e la sua relazione con l’emissione monetaria. Ecco perché creai la canzone “PIL, PILASTRO DELLA TRUFFA” in cui ponevo una domanda: come mai gli economisti prima del 1971 non credevano nel PIL e dopo il 1971 si convertirono tutti alla FEDE NEL PIL? Poiché questa canzone non è stata mai capita devo rispiegarla ancora (repetita iuvant) illustrando meglio la dinamica del PIL, cioè del grande pilastro che sta alla base della grande truffa del signoraggio bancario.
“PIL” è una parolina che il cittadino normale non usa quasi mai, ma che il manipolatore di capitali usa quasi sempre. Significa (vorrebbe significare) PRODOTTO INTERNO LORDO, intendendo con tale denominazione, la somma dei prodotti disponibili in un Paese, dunque prodotti nazionali LORDI, vale a dire NON DISTINTI DALLE SPESE. Il calcolo di questa somma è però impossibile da effettuarsi, essendo una mera astrazione non poggiante su dati reali. ESEMPIO: io sono un costruttore di biciclette; ogni anno produco un numero tot di biciclette. Ad un certo punto arriva la cosiddetta crisi del mercato: la gente, per un motivo qualsiasi, non compra più il mio prodotto. Io e la mia ditta possiamo, sì, continuare a lavorare; quando però i magazzini incominciano a riempirsi di biciclette invendute, siamo progressivamente costretto a ridurre la produzione, a licenziare operai, e infine a chiudere la ditta. Una storia del genere fa parte della cronaca quotidiana. Ma la si viene a sapere solo quando il fallimento o la chiusura coinvolge un numero rilevante di operai o grandi interessi economici, mentre in tutti gli altri casi non ne sa niente nessuno, se non i diretti interessati. In ogni caso cosa posso fare? Ho due possibilità. Vediamo la prima: decido di continuare la produzione, indebitandomi fino al collo, perché spero nella ripresa del mercato; la ripresa non viene, ed il magazzino è pieno di biciclette, che nessuno vuole, e che ben presto diventano pezzi di ferro arrugginiti; la fabbrica fallisce con un buco finanziario spaventoso e io, se non sono stato così furbo da accumulare del denaro altrove, finisco in galera per bancarotta, dato che non ho neanche i soldi per pagare un buon avvocato che mi tiri fuori dai guai. Seconda possibilità: lo Stato, considerando essenziale la produzione di biciclette, o l’occupazione degli operai della fabbrica, interviene con denaro pubblico per sostenere la produzione (magari comprandosela tutta per consentire la riconversione dello stabilimento in una produzione diversa, magari di motorini). In ambedue le circostanze la conclusione è la stessa: nel primo caso l’azienda risultando in perdita, non vale più nulla; ciò nonostante sarebbe conteggiata nel PIL nazionale come se si trattasse effettivamente di produzione di ricchezza. Nel secondo caso sarebbero conteggiate come ricchezza che si somma al PIL tanto le spese fatte dallo Stato per acquistare la produzione, quanto quelle per la riconversione (che in genere fallisce) dello stabilimento. Se si pensa a quante migliaia di aziende ogni anno falliscono, e a quante decine di milioni di euro sono annualmente “investite” dallo Stato per il sostegno all’industria, ci si rende subito conto che in tal caso il calcolo del PIL è del tutto falsato. Ma tale calcolo è ancora più falsato dalla pretesa di porre i costi dello Stato come componenti del PIL. Ne consegue l’assurdità che pure le numerose attività burocratiche che frenano o impediscono la produzione, sono considerate produzione di ricchezza, e che oltretutto, più lo Stato spende, più il PIL aumenta, nonostante quella spesa sia improduttiva!
Nel calcolo del PIL finiscono così i costi dello Stato, che per buona parte sono improduttivi, come è dimostrato continuamente dai fatti. La vendita di armi è in apparenza produttiva ed è certamente conteggiata nel PIL ma in realtà genera l’uso delle armi, che poi si ripercuote su tutto il pianeta, dato che la realtà del benessere consiste nella sua INDIVISIBILITÀ: chi pensa solo ai casi suoi e crede di poter separare il bene proprio da quello altrui, dimostra solo di non saper fare il proprio interesse. Perché in tal modo, prima o poi, tutto gli si ritorce contro. Ed è quanto sta avvenendo con l’ISIS.
Invece, attività certamente produttive, non sono minimamente conteggiate. Si prenda, per esempio, il lavoro delle casalinghe o dei “casalinghi”. La questione non è da poco, dato che senza quel lavoro la società sprofonderebbe certamente nella sporcizia nel giro di pochi giorni, le nuove generazioni non avrebbero di che vivere, ed ogni produzione pian piano si fermerebbe. Eppure, del lavoro “casalingo”, che coinvolge oltre il 30% della popolazione, e che è certamente essenziale per la vita nazionale, nel calcolo del PIL non vi è traccia. E non ce n’è per la semplice ragione che esso non è oggetto di alcuna contrattazione, così come tutte le attività effettuate per amore o per diletto. E nemmeno sono considerate tutte le attività intellettuali che non producono immediatamente un reddito, ma senza le quali non ci sarebbe parimenti alcuna produzione, come ad esempio le attività di ricerca e di invenzione, la creatività artistica, ecc. Eppure, senza la crescita culturale di un popolo non sarebbe possibile alcun progresso. Si pensi alla scoperta dell’elettricità, a internet, alla nona sinfonia di Beethoven, ecc. Quanto vale la possibilità offerta a qualcuno di fare una nuova invenzione, scoprire una nuova teoria, o di comporre una grande sinfonia?
Ora, se in base ai parametri sopra accennati di calcolo del PIL, si immagina un “sabato per l’uomo”, cioè un organismo sociale a misura di essere umano - in cui, per es., il cittadino abbia il necessario per vivere dignitosamente, ed in cui vi sia, in luogo della folle rincorsa al consumo di cose inutili, una continua gara a chi realizza opere di ingegno, o artistiche, o in cui si aneli alla ricerca della felicità, dell’amore, e della serenità di una vita veramente conviviale - di certo non avremmo un buon PIL ma al contrario avremmo un PIL stagnante o in calo. In base a quei criteri, si dovrebbe concludere che l’organismo sociale sarebbe dunque considerato una società disastrata, e di conseguenza, piena di poveri infelici. Si può pensare ad un’idea più idiota di questa conclusione? Oggi l’Occidente vuole combattere l’ISIS col medesimo modo idiota, poggiante sulla fede nel PIL: cioè si vendono armi all’Oriente, che le usa contro l’Occidente, ma incrementando il PIL. E nessuno mostra di accorgersi che l’emissione di moneta da parte delle banche centrali poggia sul calcolo impossibile del PIL, che proprio perché è scientificamente impossibile può generare solo EMISSIONI “AD OCCHIO”, cioè antiscientifiche.
Repetita iuvant: un calcolo scientifico del PIL, relativo ad un qualsiasi anno passato è qualcosa di impossibile. Ciò è stato rilevato da più economisti e da vari studiosi. Per es., nella canzone “PIL, PILASTRO DELLA TRUFFA” cito William Ashworth, professore di storia economica e sociale dell’Università di Bristol, che nel suo libro “Breve storia dell’economia mondiale dal 1850 ad oggi”, pubblicato da Laterza nel 1976, scriveva per es.: “Vi sono molteplici problemi nel definire il prodotto o il reddito nazionale lordo in modo tale da consentire confronti significativi tra paesi o periodi differenti [...]. Nell’ambito dei più generali problemi di analisi del prodotto nazionale, vi sono particolari difficoltà nel definire il capitale e nell’identificarne le componenti. Tutte le difficoltà si accrescono quando le statistiche relative al passato debbono essere ricostruite a partire da antiche cifre preparate con intenti notevolmente differenti [...]. Alle incertezze e alle ambiguità insite in qualsiasi calcolo delle serie del reddito nazionale, i confronti internazionali aggiungono le proprie molteplici complicazioni che includono tanto differenze nel modo di contabilizzare voci che dovrebbero essere confrontabili, quanto diversità nel corso e nella struttura dei prezzi nazionali [...]. Le conclusioni sui redditi relativi di diversi paesi possono facilmente rivelarsi inattendibili, a meno che i dati rilevanti non concordino nel mostrare differenze piuttosto ampie” (cfr. Domenico de Simone, “Un milione al mese a tutti: subito!”, Ed. Malatempora, 1999); vedi anche la nota 6 del capitolo “Leggi della vita economica” di Mark Buchanan del 2003 in “Nexus” (Ed. Mondadori): “Oggi la maggior parte degli economisti, quando deve valutare la salute economica, calcola la crescita in base agli indici del PIL. Ma questo metodo trascura numerosi fattori che concorrono al benessere sociale [...]. Al momento attuale i criteri di valutazione di un’economia sono senza dubbio ispirati a calcoli strettamente finanziari”).
Ovviamente il calcolo del PIL è del tutto impossibile anche come previsione per un qualsiasi anno a venire. Qui non servono nemmeno gli esempi. Infatti come potrebbe un musicista calcolare quanti brani musicali creerà il prossimo anno? Eppure oggi, l’emissione di moneta operata dalle banche centrali è fatta credere alla gente come qualcosa di scientifico! Il colmo è che l’aberrazione qui è tripla. Infatti non siamo solo di fronte ad un’astrazione priva di possibilità pratica, ma siamo anche di fronte all’inversione dei valori per cui l’effetto è scambiato per la causa e viceversa, ed oltretutto tale calcolo è prettamente finanziario, cioè borsistico, non economico. Se ieri i soldi andavano a immobilizzare l’Italia, in una corsa dissennata e patetica alla “roba” denunciata dal Verga, rovinando il Belpaese, oggi vanno all’ingordigia della Borsa, dopo essere stati nei vari tipi di Bot per lunghissimo tempo: sono, in buona sostanza, soldi del sistema paese catturati da quel milione di famiglie più che abbienti, e prodotti dallo stress di tutti (chi per troppo lavoro, chi per lavoro mal pagato, chi per poco lavoro, chi per niente lavoro). Insomma il 90% del denaro è in mano al mondo finanziario, mentre il mondo produttivo è relegato in un angolo.
Ma cos’è la borsa se non un insano gioco di parole che fa sempre più ricchi i ricchi e sempre più poveri i poveri? Il seguente esempio di Rudolf Steiner mostra le dinamiche del gioco in Borsa: siamo in inverno, la mia casa è fredda, e il termometro segna sotto zero. Se voglio riscaldarmi, devo riscaldare la stanza, non dimostrare che quest’ultima è calda. Per la mera dimostrazione, basterebbe infatti accostare un fiammifero acceso al termometro, che immediatamente segnerebbe un rialzo della temperatura. Ma, così facendo, la stanza rimarrebbe gelida. Dunque, se voglio riscaldarmi, devo raccogliere della legna con le mie mani e col sudore della mia fronte, e metterla a bruciare nella stufa. Un fiammifero non può bastare! Eppure oggi con dimostrazioni e con giochetti di parole ci si comporta come se quel fiammifero potesse bastare. Così funzionano la Borsa e le sue quotazioni. Bastano le parole di qualche pezzo grosso o di qualche ministro a farle oscillare. I problemi economici però rimangono. Ed è così che purtroppo “funziona” l’”economia” nel nostro Belpaese!
Se insomma si vuole pensare in modo concreto, ed avere un’economia vivente e non morta, occorre - REPETITA IUVANT ma nessuno sembra capire neanche di fronte al sangue dell’ISIS - è che ogni prodotto o PIL (“Prodotto Interno Lordo”) è nella sua essenza un RISULTATO monetario, non una causa! Perché riceve il suo senso dal fatto di essere un EFFETTO, non un causa.
Invece lo si considera causa di emissione monetaria, come se la moneta fosse effetto, mentre è essa stessa causa: se io voglio provare a dipingere, ho bisogno di soldi per comprare i colori, la tela, ed il pennello. I soldi causano tali prodotti, che mi serviranno per la mia creatività. Solo così posso produrre un dipinto, cioè un prodotto del mio talento. Questo è essenziale per non ridursi ad essere schiavi dell’attività del dipingere considerata astrattamente come mera dinamica commerciale che genera denaro. Solo se io dipingessi con l’unico scopo di guadagnare soldi potrei accettare che i soldi sono effetto e non causa. Però sarei soltanto un uomo d’affari mascherato da artista; sarei un commerciante non un artista.
L’artista non è molto diverso dall’imprenditore. Entrambi imprendono qualcosa per mettere al mondo una loro idea che nel mondo non c’è ancora. L’artista crea, cercando di imprimere nella materia le idee del suo io, e di riconciliare così col mondo esterno la vita del suo mondo interiore. Si sente insoddisfatto del solo mondo delle apparenze e cerca di versare in esso il DI PIÚ che si cela nel suo io (Cfr. Rudolf Steiner, “La filosofia della libertà”). Egli opera a partire dalla sua logica immaginativa. La parola latina “imago” proviene da “imum ago”, cioè dall’agire (ago) dal profondo (imum). Non parte da una logica della convenienza o della catena di montaggio, e tanto meno da una logica meramente matematica! Così l’imprenditore. Tanto la figura dell’imprenditore, quanto quella dell’artista, non provengono da una categoria a se stante, ma dal medesimo campo dei lavoratori. Sono solo lavoratori con capacità di sintesi adeguate all’attività creativa ed imprenditoriale. Come l’artista, l’imprenditore non lavora per il mercato, ma per una sfida a se stesso. Quando negli anni ‘60 facevamo il rock tutti noi, figli dei fiori e lavoratori dello spettacolo, usavamo un detto in senso dispregiativo per caratterizzare se le nostre frasi musicali erano valide o no. Quel detto era: “È commerciale”! Per dire: “Quello è un brutto passaggio, cambialo”! Oggi, tutto è degenerato, grazie alla SIAE, e la creatività è stata sostituita dal commercio: gli “artisti” ragionano esclusivamente in termini di “commerciale”, facendo ricorso e ricercando minuziosamente a tavolino le frasi musicali che “vendono di più”. E tutto ciò è un sintomo preciso della fine dell’arte, causata dalla politica e dai manipolatori di capitali.
Come l’uomo d’affari è oggi mascherato da artista, così il manipolatore di capitali è mascherato oggi da politico, e fa credere alla gente di operare per il bene di tutti i cittadini della polis.
Così la gente crede essere buono e giusto che la moneta sia emessa in base al PIL. Mentre è vero il contrario, in quanto è il PIL può essere “emesso” solo se ci sono idee da attuare attraverso mezzi di produzione adeguata!
Come mai questa inversione di valori? La ragione sta nel naso di Pinocchio. Infatti quando si incomincia col dire una bugia, poi bisogna dirne altre, ed altre ancora. E il naso di Pinocchio si allunga.
Chi afferma che il denaro è l’effetto dei prodotti non può che essere un commerciante astratto (per il commerciante astratto è indifferente commerciare mele, armi, cocaina, ecc.).
Chi afferma che i prodotti sono effetto del denaro è invece il cliente.
Certamente il commerciante astratto è giustificato a ragionare da commerciante astratto. Ma anch’egli ragiona da commerciante astratto solo quando sale sul suo palco di commerciante astratto. Quando scende da quel palco e va a comprare la sua merce da mettere in vendita, per forza di cose, dev’essere anch’egli un consumatore, un cliente. Perciò nemmeno per lui il denaro può essere l’effetto ma solo la causa dei prodotti.
Le ragioni degli interessi personali (o di parte) dei politici che andiamo a votare? Se un politico è di parte, vuol dire che lavora per la sua parte, ed esclude ogni altra parte. Questa esclusione di ogni altra parte io l’intendo metaforicamente come un pensare quadrato, o cubico, o astratto. Invece il pensiero, per essere politico, deve riguardare LA POLIS, che COMPRENDE TUTTI I CITTADINI E TUTTE LE PARTI. Perciò IL PENSIERO POLITICO DEVE NECESSARIAMENTE ESSERE UNIVERSALE, CIRCOLARE, o sferico. Come la terra. Ciò è molto semplice, logico, naturale, ed inequivocabile.
Ecco perché l’economia politica del calcolo del PIL, e dell’emissione monetaria in base a tale calcolo, non può che essere antieconomica, antipolitica, ed antisociale.
Ed ecco perché passa inosservata oggi la massima aberrazione nelle coscienze della gente: i manipolatori di capitali sopra accennati, coloro che sfruttano finanziariamente e commercializzano “legalmente” i beni del creato appartenenti a tutti, insegnano, da “illuminati”, e addirittura nelle università, e in nome dell’altruismo, “POLITICHE” di DEFICIT DI BILANCIO O politiche DEL DEBITO PUBBLICO (così sono chiamate) per la stampa tipografica - attraverso la macchinetta dei “soliti ignoti” - di moneta creata dal nulla, cioè priva del corrispettivo valore di riserva aurea!
Ma tale moneta non vale solo se poggia sulla fiducia dei cittadini (come ho precedentemente mostrato)?
Senza tale fiducia, come fa una LIBBRA di metallo prezioso a rappresentare un valore CIRCOLARE valido per tutti? Se un cittadino ha fame può forse mangiare oro o argento, cioè valori monetari, cartacei o di metallo, anziché servirsi di tali valori convenzionali e popolari per acquistare il suo pane? Uso qui il termine LIBBRA per un motivo preciso, dato che la vecchia LIRA - spiegava Sergio Ricossa - derivava il suo nome da “LIBBRA”: “unità di peso usata una volta per misurare la quantità di argento e giungere al valore dei pezzi di metallo usati per i loro affari da mercanti, cambiavalute e così via. Poiché nei viaggi era scomodo e pericoloso portare con sé monete metalliche, esse vennero presto sostituite con biglietti di cui qualcuno garantiva a richiesta la convertibilità in un peso prestabilito di metalli preziosi. La conclusione di queste vicende è a tutti nota: sono rimasti in circolazione i biglietti (di carta), ma ormai inconvertibili” (Sergio Ricossa, “Impariamo l’economia”, Ed. Bur, Milano, 2001).
Il naso di Pinocchio che si allunga, incomincia ora a farsi visibile. Il calcolo ascientifico del PIL ha infatti sostituito quello della convertibilità aurea delle banconote, abolita nel 1971. Ecco perché da tutti gli economisti, tale calcolo era ritenuto inattendibile, e perché oggi è notorio che per calcolare il PIL non si può che procedere “ad occhio” (D. de Simone, op. cit.).
In base ad un PIL calcolato ad occhio si emette moneta, come se il PIL ne fosse la causa.
Chi dunque parla oggi del PIL, dando per scontata la scientificità del suo calcolo, non può che essere un truffatore, cioè un manipolatore di capitali, che opera attraverso “parametri di Maastricht”, la cui conoscenza è tutt’altro che scientifica.
Ciò che fino al 1971 era la base aurea per emettere moneta tramite le banche centrali, oggi è stato sostituito dal PIL, come se il calcolo del PIL fosse qualcosa di cognitivamente attendibile. Perciò i politicastri e i Media della truffa continuano a parlare del PIL e dei parametri di Maastricht: sanno che il popolo non è grado di verificarne la scientificità e probabilmente sanno anche che tale verifica è impossibile. Se fosse possibile, si dovrebbe supporre che gli economisti - tutti - che prima del 1971 spergiuravano su tale impossibilità, oggi si siano improvvisamente convertiti: convertiti al fatto che oggi sia divenuto corretto ciò che ieri era matematicamente non solo scorretto, ma addirittura ridicolo al solo pensarci.