[continuum da R. Steiner, "La questione sociale come fatto di cultura, di diritto e di economia", 1ª conf. di Zurigo del 24/10/1919 - A cura di Nereo Villa].
Nell'introduzione di oggi desidero mostrarvi dapprima da un punto di vista storico come, in base alle condizioni della vita moderna, la questione sociale venga sentita come una questione culturale, giuridica ed economica.
Prendiamo le affermazioni fatte non molto tempo fa da un personaggio che era attivamente coinvolto nella vita politica e statale, un personaggio che è un prodotto
della vita culturale dei nostri tempi. Quelli di voi che hanno già assistito in precedenza alle mie conferenze non fraintenderanno quanto sto per dire. Ai tempi in cui Woodrow Wilson veniva
osannato da tutto il mondo, ad eccezione di quello mitteleuropeo, come una specie di statista mondiale, io mi sono sempre opposto a questo osannare. E chi mi
ha sentito parlare sa che non sono mai stato un sostenitore, ma sempre un oppositore, di Woodrow Wilson. Anche quando perfino la Germania è caduta vittima del culto di Wilson, non mi sono
trattenuto dall'esprimere questo parere, che ho continuato a ribadire anche qui a Zurigo. Ma oggi che questo culto è per così dire cessato [a causa della prima guerra mondiale generata come
sempre dallo statalismo - nota del curatore], si può dire qualcosa che un oppositore di Wilson può affermare senza suscitare ire.
Quest'uomo ha preso le mosse da una forte sensibilità per le condizioni sociali dell'America, formatesi a partire dalla guerra di secessione e da quella civile degli
anni sessanta; ha capito quale rapporto c'è fra le condizioni statali e giuridiche, e quelle economiche. Ha visto con una certa imparzialità come, per via del nuovo complesso ordinamento sociale,
sono andate accumulandosi grandi masse di capitali. E ha visto, miei cari ascoltatori, come hanno avuto origine i trust, le grandi società di capitali. Ha visto come perfino in uno Stato
democratico i principi della democrazia si siano sempre più evaporati di fronte alle trattative segrete di quelle società che avevano interesse ad agire in segreto, che in un certo senso
conquistano un gran potere con le masse di capitali accumulate e dominano grandi masse di persone.
E a più riprese ha alzato la voce per difendere la libertà degli uomini nei confronti del potere che deriva da fattori economici. Si può dire a suo favore che,
partendo da una profonda sensibilità umana, ha sentito come la realtà sociale sia in relazione con il singolo individuo, con il modo in cui il singolo diventa maturo per questa vita sociale. Ha
fatto notare quanto sia importante per il risanamento della vita sociale che sotto ogni abito umano batta un cuore orientato alla libertà.
Ha continuato a richiamare l'attenzione sul fatto che la vita politica dev'essere democratizzata, su come debbano essere sottratti alle singole società potenti il
loro potere e gli strumenti di potere in loro possesso, come le capacità e le forze individuali di ogni uomo debbano essere aver accesso alla vita statale,
economica e sociale in genere. Ha affermato in maniera incisiva che il suo Stato, che lui evidentemente considera il più progredito, soffre delle condizioni che si sono create. Come mai?
Sì, le condizioni economiche si sono sempre più imposte. Tutto quello che c'era fino a poco tempo fa in questo campo è stato intrappolato nelle grandi concentrazioni
di capitali, dall'affermarsi del potere economico. Questa organizzazione economica ha prodotto forme di convivenza umana assolutamente nuove. Ci si è trovati di fronte ad una nuova organizzazione
della vita economica. E non io, basandomi su una teoria qualunque, ma questo statista, oserei dire di fama mondiale, ha detto che il danno fondamentale della recente evoluzione umana consiste nel
fatto che le condizioni economiche sono progredite, che gli uomini hanno plasmato la vita economica secondo i nuovi poteri occulti, mentre invece le idee del diritto, della vita comunitaria e
politica non sono andate di pari passo, ma sono rimaste al punto di prima.
Woodrow Wilson l'ha affermato chiaramente: noi amministriamo in condizioni del tutto nuove, ma pensiamo ed emaniamo leggi sull'economia da un punto di vista ormai da
tempo superato, da un punto di vista antiquato. Nel campo della vita giuridica e politica non si è formato qualcosa di nuovo come in quella economica. Questi due settori sono rimasti indietro.
Viviamo all'interno di un ordinamento economico completamente moderno con idee giuridiche e politiche desuete. Questo è più o meno il succo dei discorsi di
Woodrow Wilson.
Nei suoi discorsi sostiene con insistenza che in questa incongruenza fra vita giuridica e vita economica non può svilupparsi ciò che il momento attuale della storia
umana richiede, e cioè che il singolo individuo non lavori per se stesso ma per il bene della comunità. E Woodrow Wilson esercita una critica energica all'ordinamento sociale che gli sta di
fronte.
Cari ascoltatori! Posso dire - consentitemi questa osservazione personale - di essermi impegnato a fondo per verificare le critiche mosse da Woodrow Wilson alle
attuali condizioni sociali, quelle americane che ha sott'occhio, confrontandole con altre critiche. Ora vi dirò qualcosa di decisamente paradossale, ma
d'altra parte le attuali condizioni
richiedono molto spesso di esprimersi per paradossi, ed è necessario farlo se si vuole rendere giustizia alla realtà odierna.
Ho cercato di raffrontare la critica alla società di Woodrow Wilson, per quanto riguarda sia la forma esteriore che il nerbo dei contenuti, con la critica alla
società mossa da parte dei progressisti, dei socialdemocratici radicali. Sì, cari ascoltatori, è addirittura possibile estendere questo paragone all'ala più radicale delle convinzioni e delle
azioni socialiste di oggi.
Rimanendo all'interno della critica fatta da queste persone, si può dire: la critica di Woodrow Wilson all'ordinamento sociale odierno coincide quasi alla lettera
con quel che sostengono gli stessi Lenin e Trotskij, gli affossatori della civiltà del presente. Di loro va detto che, se quel che hanno in mente per l'umanità agirà troppo a lungo anche solo in
alcuni ambiti, ciò significherà il declino della civiltà moderna e porterà inevitabilmente alla scomparsa di tutto
ciò che grazie ad essa è stato raggiunto. Eppure bisogna esprimere questo paradosso: Woodrow Wilson, che di certo si è sempre immaginato la struttura sociale in modo
diverso da questi distruttori, muove quasi letteralmente la loro stessa critica all'attuale ordinamento sociale.
E giunge alla conclusione che i concetti giuridici e politici oggi in vigore sono obsoleti, che non sono più in grado di intervenire nella vita economica. La cosa
strana è che se si cerca di volgere al positivo questa critica, se si cerca di verificare quali sono i contributi di Woodrow Wilson alla creazione di una nuova struttura sociale, di una struttura
dell'organismo sociale, non si trova difatti nessuna risposta - solo singoli provvedimenti qua e là, che però potrebbero essere attuati anche da chi esercita una critica meno energica ed
obiettiva, niente di drastico. E comunque non da' risposta alla domanda: che forma devono acquisire il diritto, i concetti politici, gli impulsi politici per far fronte alle esigenze della
moderna vita economica, per intervenire attivamente in questa vita economica?
Qui si vede come dalla vita odierna stessa scaturisca il secondo elemento della questione sociale: la questione sociale come questione giuridica.
Prima di tutto occorre trovare un fondamento per il diritto, per i rapporti politici e statali, che devono esistere per dar la giusta impronta alla vita economica
moderna. Bisogna quindi chiedersi: come si arriva a degli impulsi giuridici e politici di fronte alle grandi richieste della questione sociale? Questo è il secondo elemento della questione
sociale.