A cura di Nereo Villa [testo in grassetto del curatore]
La vita sociale è costituita da tre sfere ben distinte fra loro, dato che in ciascuna di esse l’uomo può fare esperienze del tutto diverse. La prima sfera Steiner la chiama “vita spirituale”, in
italiano forse meglio “vita culturale”. Qui gli uomini sperimentano i propri talenti individuali, la creatività della loro libertà interiore. Il polo opposto è rappresentato dalla “vita
economica”, in cui gli uomini si dedicano al soddisfacimento dei loro bisogni. In questo settore dipendono dall’aiuto reciproco, dallo spirito di solidarietà. Un terzo ambito della vita sociale,
la “vita giuridica”, ha il compito di ricreare sempre di nuovo il giusto equilibrio fra libertà individuale e solidarietà collettiva. Questo avviene nell’esperienza dell’uguaglianza come uomini,
della parità di dignità, in base alla quale ogni uomo può far valere gli stessi diritti e gli stessi doveri nei confronti di chiunque altro.
Nella vita sociale del giorno d’oggi l’onnipotenza dell’economia si è imposta ovunque, valendosi del suo braccio destro che è il denaro. L’economia ha inglobato sia lo Stato che la cultura; ha
strappato alla vita culturale l’amministrazione del capitale e dei mezzi di produzione – in altre parole: lo spirito è diventato sempre più impotente di fronte alle necessità oggettive
dell’economia. Per risanare la vita sociale, occorre restituire alla vita culturale la gestione del capitale. Solo così è possibile riconoscere e apprezzare i talenti individuali, mettendo a
disposizione di chi è portato per una determinata attività sia il capitale, sia i mezzi di produzione. Essere “dotato” non significa solo avere la capacità di realizzare o produrre qualcosa, ma
soprattutto di farlo al servizio della società.
Per quanto riguarda la vita giuridica, nel suo strapotere l’economia si è appropriata anche della regolamentazione del lavoro, ha imposto con violenza un
pagamento, una rimunerazione del lavoro. Ma in sé e per sé il lavoro umano non ha niente a che fare con la vita economica. Solo il risultato del lavoro in quanto separato dall’uomo, solo la merce
o la prestazione come tali giocano un ruolo all’interno dell’economia. Gli interessi economici non devono mai determinare quanto e come un essere umano lavora.
Quel che si fa con il lavoro viene fatto direttamente al “lavoratore”, all’uomo stesso. Una retribuzione del lavoro equivale ad una umiliazione del lavoratore, che in tal modo viene pagato come
una merce e non trattato come un essere umano. Quando ad essere pagato è il lavoro in quanto tale, e non il suo risultato, si crea una costrizione esistenziale al lavoro che, per mancanza di una
motivazione positiva e altruistica, può solo arrecare danni incalcolabili all’economia.
Come l’amministrazione del capitale deve tornare in mano alla vita culturale, così in un organismo sociale sano tutta la regolamentazione del lavoro va
affidata alla vita giuridica.
In queste conferenze Rudolf Steiner fa notare che, nonostante nella società moderna vi siano abbastanza leggi e regolamenti, non esiste più l’esperienza del diritto, che è “caduta in un buco”. In
pratica la società moderna non offre agli uomini nessuna occasione di confrontarsi fra loro come pari, come esseri umani in quanto tali. Anche quando alcuni uomini conversano tra loro, magari
parlano di sport, di politica, di donne o di qualunque altro argomento, senza accorgersi che non si stanno rapportando gli uni agli altri come “esseri umani” uguali, ma come “uomini maschi”.
E lo stesso vale per le donne. Gli uni e gli altri farebbero l’esperienza dell’uguaglianza della dignità umana, dei pari diritti e doveri solo se parlassero del mondo interiore dell’essere umano,
dei suoi sentimenti e delle sue emozioni.
Uno dei compiti più urgenti nella formazione del sociale è il recupero dell’incontro tra uomo e uomo, cioè della sfera giuridica, dell’esperienza puramente umana di ciò che è “legittimo” e
“giusto” fra persona e persona.
Nella vita culturale è il pensiero dell’uomo ad occupare una posizione di primo piano. Alla base di ogni talento, di ogni capacità c’è l’idea di come realizzare al meglio qualcosa.
Nella vita economica è la volontà ad essere in primo piano, lì l’uomo deve assumere un’occupazione e agire.
Però l’essere umano è dotato anche di sentimento, non solo di pensiero e volontà. E il senso del diritto, della giustizia è scomparso proprio per il fatto che nella società moderna in quanto tale
alla vita del sentimento non è data la possibilità di esprimersi. Ma un atteggiamento che tenga conto della dignità umana, gli uomini possono viverlo solo tramite il sano sentimento, tramite la
sensibilità umana nel rapporto diretto fra simili, per poi esprimerlo sotto forma di leggi.
Ciò che va riscoperto è la coscienza di quanto viene provato nell’incontro fra uomo e uomo, di quanto viene sentito e vissuto in termini di giustizia o ingiustizia.
Un esempio attuale: a livello mondiale, come reagiscono dal punto di vista emotivo le varie persone alle caricature del profeta Maometto apparse sui quotidiani europei? Il mondo occidentale
conosce solo una reazione della mente e una della volontà, ma non una del cuore o del sentimento. La mente dice: esiste piena libertà di espressione, da noi c’è piena libertà di stampa; oppure:
ci sono delle regole comunemente accettate di “political correctness”. La volontà dice: nessuno può limitare la mia libertà, oppure: con queste caricature mettiamo a repentaglio la vita dei
nostri ostaggi. Ma cosa avviene se queste caricature offendono il più profondo sentimento religioso di centinaia di milioni di persone? Cosa succede se queste persone vivono la propria dignità
umana come una sola cosa con i loro valori religiosi e si sentono disprezzate come esseri umani nel momento in cui si manca di rispetto alla loro religione? Si ha il diritto di ignorare o
addirittura di ferire il senso di dignità umana di così tanta gente? Con la sua mente illuminata, chi è privo di un forte senso di giustizia e di ingiustizia non farà altro che rimproverare
un’incontrollata emotività a chi prova tali sentimenti.
Il recupero della vita giuridica vera e propria presuppone da parte sua che la vita culturale ritrovi la propria autonomia. In queste conferenze Rudolf Steiner illustra in modo incisivo come
nella società moderna una componente della vita culturale – la ricerca scientifi ca, l’educazione statale, la sociologia, le scienze economiche - sia diventata in tutto e per tutto
dipendente dall’economia. Un’altra fetta della cultura – la religione, l’arte e la cosiddetta morale - è rimasta, sì, indipendente dall’economia, ma ha dovuto pagare questa autonomia con una
totale impotenza nei confronti della vita. Morale, arte, religione si sono sempre più estraniate dalla vita, sono diventate sempre più inadeguate nei suoi confronti, poiché si sono sempre più
ritirate da essa confinandosi all’ambito della cosiddetta “vita privata”.
La soluzione, semplice ma non facile, è questa: tutta la vita culturale dev’essere affrancata da quella giuridica e da quella economica, dev’essere amministrata autonomamente, secondo le sue
proprie condizioni di vita. Questo vale in prima linea per l’educazione: l’essere umano non può essere educato in modo tale da essere un buon servitore dello Stato o dell’economia senza che
questo produca danni incalcolabili per la società a tutti i livelli. Viceversa, il senso e il compito dell’educazione consistono nel mettersi al servizio dell’uomo, di ogni singolo individuo
nella sua unicità.
Nella quarta conferenza, in cui viene descritta la vita culturale, è l’uomo come individuo libero ad occupare una posizione di primo piano, nell’ultima è l’umanità intera come organismo unitario,
in cui ogni uomo vuol sempre più inserirsi. Per rimediare ai danni prodotti dalla cosiddetta globalizzazione è necessario che all’economia mondiale si affi anchino un diritto e una cultura
mondiali. La duplice disumanità dell’economia odierna globalizzata si manifesta nel suo farsi sempre più ingiusta nei confronti dell’uomo – per esempio nella crescente militarizzazione della vita
che annulla il singolo individuo – e sempre meno umana nei confronti della natura – per esempio nel materialismo che depreda e avvelena l’ambiente. L’umanità intera potrà avere giustizia solo
quando un diritto veramente internazionale diventerà più forte di tutti i poteri di questo mondo. E il vicolo cieco del materialismo potrà essere superato solo da una scienza dello spirito che
racchiuda in egual misura l’uomo e la natura.
A questo punto si potrebbe chiedere: ma come si fa? Queste idee, queste teorie possono anche sembrare molto belle, ma non si tratta di un’utopia bell’e buona?
L’elemento incoraggiante delle idee di Steiner consiste proprio nel loro rimandare a forze reali, effettivamente presenti in ogni uomo, per quanto inconscie o assopite. Questi pensieri portano in
sé la forza necessaria per intervenire nella vita, per plasmarla a misura d’uomo in tutti i suoi campi. Ogni attività umana comincia con la presa di coscienza, con la comprensione in chiave di
pensiero. Mettersi ad agire senza idee non è pratico, non fa altro che produrre ancora più confusione e disumanità. La caratteristica positiva e ottimistica delle idee di Steiner qui esposte sta
proprio nel fatto che chiunque le può pensare, capire davvero e mettere in pratica subito là dove si trova, con sempre più energia giorno dopo giorno.
Ma è qui che sorge quello che forse è lo scoglio più insidioso per la vita moderna. Da un lato, nell’era della democrazia, nessuno vuol essere manovrato dall’esterno. L’uomo libero vive la sua
dignità nella capacità che ha di agire in base alle sue convinzioni individuali. Ma questo significa nel contempo che l’unica via per un rinnovamento della vita sociale è quella che passa per la
testa del singolo individuo. D’altro canto, una profonda illuminazione di questa testa non può avvenire col fatto che qualcuno preme un pulsante dall’esterno e neppure in un battibaleno
all’interno. In questo modo si spiega l’impazienza di tante autorità, di tante potenze costituite, che cercano di eludere la mente dell’individuo valendosi della legge dello Stato o della
costrizione dell’economia. Vogliono imporre ciò che fa loro comodo o che ritengono giusto diventando così sempre più patriarcali e anacronistiche. Così facendo sono a loro volta costrette ad
esercitare il loro potere in maniera sempre più disumana, poiché sempre meno riescono a conquistare il cuore del singolo individuo. E come potrebbero farlo, dato che calpestano proprio l’elemento
più sacro, il singolo uomo nella sua dignità e libertà?
È trascorso quasi un secolo da quando Steiner ha tenuto queste conferenze. Si potrebbe pensare che ci sia stato tempo a suffi cienza per mettere in primo piano la formazione della coscienza
individuale, che qui viene richiesta con urgenza. Eppure in tutta onestà dobbiamo dirci che perfino coloro che hanno abbracciato la scienza dello spirito di
Rudolf Steiner hanno fatto tragicamente pochi passi in questa direzione. E non si può in nessun modo accampare la scusa che i fenomeni di quell’epoca, che Steiner cita in queste
conferenze, non siano più attuali. Proprio per il fatto di non essere più attuali da un punto di vista esteriore, questi eventi hanno per noi oggi due vantaggi decisivi: da una parte, grazie alla
distanza dal punto di vista storico-politico, possono essere capiti con maggiore spassionatezza e obiettività - la storia può qui davvero diventare maestra di vita. Dall’altra parte, tutti i
fenomeni storici a cui fa riferimento Steiner possono essere intesi come sintomi della situazione odierna dell’umanità, poiché questa nei suoi tratti essenziali non differisce quasi per niente da
quella di allora. Le idee fondamentali della “triarticolazione” sono soltanto diventate ancora più attuali e urgenti di allora.
Ma se le cose stanno così, perché Rudolf Steiner non si è impegnato fin dall’inizio in ambito sociale? Come mai per tutti gli anni prima della guerra ha coltivato la sua scienza dello spirito
quasi esclusivamente per teosofi o antroposofi, ai margini della vita e in maniera elitaria? Non avevano ragione quelli che sostenevano che occupandosi del sociale dopo la guerra aveva
abbandonato la retta via? Non erano pochi quelli che non lo potevano o volevano seguire: nell’impegno sociale di Steiner vedevano addirittura una contaminazione della scienza dello spirito.
Sostenevano che quest’ultima può mantenersi pura solo se la si coltiva nell’ambito protetto della vita privata.
Nel percorso personale dello stesso Steiner, nella sua biografia, vediamo esprimersi una legge fondamentale della vita e dell’evoluzione: ogni cosa compiuta dall’uomo deve avere origine nel
pensiero. Non è possibile tralasciare la conoscenza, la formazione della coscienza e lo studio senza arrecare gravi danni alla vita stessa. Considerando anche solo le idee fondamentali della
triarticolazione dell’organismo sociale quali vengono esposte in queste conferenze, ce ne sono più che a sufficienza di cose che vanno studiate e capite a fondo, prima di poterle mettere in
pratica in maniera sensata. Questo spiega che c’è una bella differenza fra un trentenne che si dedica prevalentemente allo studio della scienza dello spirito e lo stesso uomo che a sessant’anni
continua ancora a fare la stessa cosa, a “studiare” la scienza dello spirito chiuso nella sua stanzetta. In questo caso potrà chiedersi come mai questa scienza non ha generato la forza necessaria
per diventare di anno in anno sempre più capace di agire nella vita, come è nella sua natura.
In queste conferenze Rudolf Steiner sottolinea ripetutamente che il futuro dell’umanità dipende in tutto e per tutto dal fatto che ci sia o meno “un numero sufficiente di persone” che, con
coraggio e senso di responsabilità, prendano sul serio questi due compiti: la formazione di una coscienza individuale attraverso lo studio, e la realizzazione degli ideali della
“triarticolazione” in tutti i campi della vita.
Al termine dell’ultima conferenza Rudolf Steiner suggella ancora una volta tutte le sue riflessioni col pensiero: tutto dipende dal singolo individuo. Nell’umanità odierna le autorità non hanno
futuro. L’affermazione secondo la quale “gli uomini” – gli altri – non sono maturi per queste idee e per queste azioni non è altro che un pretesto del potere patriarcale e autoritario. Steiner
sostiene che gli esseri umani maturano più in fretta proprio se non ci si stanca mai di dar voce a ciò che ogni singolo individuo non solo è in grado di fare, ma nel suo intimo fortemente vuole.
Non è forse estremamente sintomatico che tutte le edizioni di queste conferenze pubblicate finora (Eymann 1948/49, Boos 1950, Opera omnia 332a 1977, HDD 2004) abbiano omesso, semplicemente
cancellato, proprio i pensieri conclusivi dell’ultima conferenza? Questo fatto mi sembra un sintomo eloquente della gravissima omissione che perdura ormai da quasi un secolo. Si tratta proprio
dell’omissione di quello a cui Rudolf Steiner sprona di nuovo nelle sue parole conclusive: continuare a proporre a tutti ciò che è sano e necessario per l’individuo e per la società, metterlo a
disposizione di tutti, ricordarlo a tutti e stimolare ed incoraggiare ognuno in questa direzione.
Cosa accadrebbe se, solo in ambito germanofono, o di lingua italiana, con cadenza settimanale centinaia di migliaia di piccoli “gruppi di lavoro” si mettessero a studiare, a sviscerare queste
conferenze, a discuterci e a litigarci sopra, ad approfondirle in tutte le direzioni e a sperimentarle con coraggio nella vita? La nostra società resterebbe così com’è anche se uno o due milioni
di persone si dedicassero ad assimilare queste idee interiormente e più ancora a farne linfa vitale della loro esistenza quotidiana? Questa pubblicazione non intende solo porre rimedio ad
un’omissione, ma vuol essere più di tutto l’espressione della fi ducia nell’esistenza reale di “un numero sufficiente di persone” che non solo possono salvare il futuro dell’uomo e della Terra,
ma lo vogliono anche fare.
Pietro Archiati
nella primavera del 2006