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29 novembre 2011 2 29 /11 /novembre /2011 09:48

050831-nereo villa-liberta-sistema monetario rastrella riccCorpo del testo di "Sistema monetario rastrella ricchezza": 

[Il vero problema non è quello di sostituire Fazio ma di capire perché il sistema è marcio. Per ogni 1000 euro che riceve in deposito la banca “presta” e carica di interessi 10.000 euro]

Affermazioni come “Le banche non si toccano”, “ La Bce è super partes”, “Dovremmo essere grati alle banche”, “La riserva delle banche è frazionaria e benefica, in quanto generatrice di industrie” sono tipiche dei politicanti, e sono tanto assennate quanto quella che ritenesse cosa buona e giusta il sistema schiavista dei faraoni in quanto permise la costruzione delle piramidi.

Chi pensa così si guarda bene dall'imitare Gesù nel rovesciare i banchi (banche), perché non nota, anzi rimuove, il notorio: la cosiddetta “riserva frazionaria” riguarda denaro finto, e la finzione nasce, sì, come fatto notorio, con l'abolizione delle riserve auree del 1971, ma sussisteva già in precedenza (come alienazione essenziale fattasi convenzione sociale). Il processo per cui le banche prestano denaro finto, caricandolo di interessi e indebitando tutti non riguarda solo le banche emittenti, ma tutte le banche.

Per comprendere ciò, occorre partire da lontano, quando la valuta era costituita da pietre preziose, oro, pepite, ecc. Per ragioni di sicurezza, si cominciò a depositare queste rarità presso chi disponeva di banchi blindati, adatti a custodirle, gli orafi, che emettevano per esse ricevute cartacee (note di banco, onde il termine “banconote”). In tal modo si poteva “barattare” meglio ogni mercanzia, ritirando, quando necessario, parte dei propri depositi.

Spostare tutto quell'oro sarebbe stata un'operazione poco pratica. Perciò si cominciò lentamente ad accettare come valuta quelle ricevute, sulle quali iniziò poi ad apparire la scritta “Pagabile a vista al portatore”. E fin qui, tutto bene. La percezione però insegnò ben presto ai gestori dei banchi una costante: ognuno prelevava sempre e solo una “frazione” dei propri averi.

Da qui il ragionamento truffaldino: “Perché allora non “prestiamo” certificazioni (denaro) a chi non possiede oro, tassandole di interessi aurei?”. La truffa avrebbe potuto essere scoperta solo in presenza dell'improbabile concomitanza di due fatti: che si fossero emesse troppe certificazioni, e che tutti i clienti si fossero contemporaneamente presentati per scambiarle con l'oro.

Perciò si cominciò ad emettere banconote (di possesso aureo) in eccesso rispetto alla quantità dell'oro effettivamente custodito (per farsene un'idea: se l'intera Italia fosse oggi ceduta ai banchieri come risarcimento del debito, ci vorrebbero diverse “Italie” per saldarlo completamente).

La maggior parte di banconote prestate si riferì sempre più ad oro inesistente (per es.: il corrispettivo in oro di tutta la valuta che girava per il mondo nel 1995 ammontava a 75 milioni di tonnellate, ma tutto l'oro del mondo non supera le 200 mila tonnellate!). Questo è di fatto il sistema bancario attuale che controlla il mondo! E i governi sommersi dal debito fanno mostra di affannarsi disperatamente per pagare interessi su denaro che non è mai esistito, non esiste, e mai esisterà. Questo è il centro del problema da risolvere.

Non si tratta dunque di sostituire Fazio, come mostra di desiderare Claudio Martelli, ma di capire perché il sistema è marcio. Per ogni 1000 euro che il risparmiatore deposita in banca, la banca “presta” e carica di interessi almeno 10.000 euro, e ciò grazie a un sistema esponenziale (riserva frazionaria), che implica che basta “blindare”, cioè assicurare realmente, una “frazione” (un decimo circa, appunto) dei depositi bancari totali, o “riserve”. In nome della salute economica data dalla circolazione monetaria, si fa circolare ciò che non c'è, creando moneta fasulla (virtuale). 

Le banche contano sul fatto che quei depositi non verranno mai richiesti (pretesi) da tutti i risparmiatori contemporaneamente. Se ciò avvenisse, tutto il sistema andrebbe in tilt, dato che nessuno potrebbe ritirare alcunché. Ecco perché nella maggior parte dei paesi in cui le banche sono istituite ci sono regole o leggi che permettono ad un istituto bancario di chiudere i battenti se troppi risparmiatori esigono indietro i loro soldi tutti insieme. 

In sintesi, la banca crea denaro dal nulla, scrivendo solo cifre sullo schermo di un computer, ed una grossa fetta delle tue tasse va alle banche per pagare l'interesse su denaro creato in questo modo, quando le tasse dovrebbero servire per alleviare davvero la povertà e la fame di tutti. Se tutto il sistema monetario fosse modificato per servire il popolo sovrano e non le banche, tutte le tasse non avrebbero più ragione d'essere. Avremmo una “decima” giusta, e non al contrario (signoraggio su “finto denaro”).

Il raggiro è completato dal fatto che se rimani indietro nel pagamento degli interessi su denaro - che non esiste -, la banca può prenderti l'auto, la casa ed altri beni - ricchezze che esistono. In definitiva chi porta denaro in banca non lo vede più. Può solo credere di averlo. Tutto si basa su fede o fiducia in un credito inesistente. Per verificarlo prova oggi stesso a dire alla tua banca che vuoi prelevare tutto il tuo conto corrente. Subito ti accorgi che è impossibile, in quanto il fattore “tempo” - denigrato dai detrattori dell'idea poundiana del denaro datato - ora diventa massimamente rispettato. Così è diventata convenzione sociale che il pagamento di interessi su “prestiti” bancari risucchi la ricchezza reale del pianeta.

Credo che i nostri politicanti del pil (pil-astro della truffa, in quanto si tratta di un calcolo impossibile ed ascientifico) non siano più colpevoli di noi che li deleghiamo ad occuparsi dei nostri sacrifici.

D'altra parte va detto che chi è costretto a sgobbare tutto il giorno per non fallire e/o per “starci dentro” con l'Iva, l'Ilor, l'Irpef, l'Ici, ecc…, non ha più voglia né forza di occuparsi, la sera, dei denti di Fazio, o di un altro Mangiafuoco da sostituire con altre dentiere rastellatrici, né della propria “scientifica” schiavitù. 

Ecco perché non vi è differenza alcuna fra il sistema schiavistico del tempo di Iside e il nostro. Oggi crediamo solo di non essere schiavi perché abbiamo in mano il telecomando, scettro esteriore sostitutivo della nostra interiore sovranità. Occorre direzionare allora la nostra fede “faziosa” nel “dio quattrino” verso le “camere blindate” della nostra interiorità o sindéresi, luogo (topia e non utopia) di ogni talento e ricchezza reali (Dio trino: tri-unità di pensare, sentire e volere). 

Questo luogo sta per essere perduto e di fronte al fatto che “la verità vi farà liberi”, la menzogna ci fa credenti. Si crede in un pil alla menta o al cumino (Matteo 23,23), mentre la spada di Damocle appesa a Bruxelles aspetta tutti quanti. Beati i poveri…

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28 novembre 2011 1 28 /11 /novembre /2011 10:07

Triarticolazione - Il lavoro non può essere pagato

 

Nell'econòmia - l'econòmia con l'accento sulla seconda "o" è la degenerazione dell'economìa (vedi la differenza fra econòmia ed economìa alla pagina "Economia - Etimologia...") - il modo in cui si è venuta a formare la relazione tra il datore di lavoro e l'operaio ha tramutato il lavoro in merce: nella dinamica cooperativa in cui il datore di lavoro e l'operaio avrebbero dovuto collaborare per produrre quella data merce o servizio.


Questo sfruttamento poggia sulla superiore posizione economica del datore di lavoro, grazie alla quale il datore di lavoro "compra" dall'operaio le merci o i servizi prodotti a un prezzo (salario) stabilito non da entrambi ma dal solo datore di lavoro. In tal modo si arriva a legalizzare qualcosa di illegittimo in quanto si scambia qui denaro contro diritti.

 

Ciò è illegittimo in quanto il modo e la misura in cui l'uomo lavora per la sussistenza dell'organismo sociale dovrebbero "essere regolati secondo la sua capacità e secondo ciò che è condizione di un'esistenza degna dell'uomo.

 

Il che può avvenire soltanto se questo regolamento viene emanato dallo Stato politico, indipendentemente dalle auto-amministrazioni della vita economica" (letteralmente "dalle amministrazioni della vita economica"; oggi però siamo talmente abituati a pensare all'amministrazione dell'economia per opera dello Stato centralista, che preferisco scrivere per chiarezza "dalle auto-amministrazioni della vita economica"Rudolf Steiner, "I punti essenziali della questione sociale", Milano, 1980, p. 60).

 

vita dell'economia

Per quale motivo la legittimazione del modo e della misura in cui si lavora per la sussistenza dell'organismo sociale può avvenire solo dallo Stato politico? Chi lo dice? Lo dice esclusivamente il fatto che se tu ed io dobbiamo fare un contratto di lavoro poggiante sulla nostra uguaglianza di esseri umani non possiamo non tirare in ballo il diritto, che è una delle "sponde" in cui si incanala l'economia (cfr.  "Triarticolazione - Vita economica"). 

 

Attraverso i codici del diritto scoperti dallo Stato politico (sfera del diritto) si aggiunge allora un'ulteriore base di valutazione di merci e servizi, dato che al fondamento di natura si aggiungono i vincoli derivanti dalla quantità e alla qualità del lavoro da applicarsi.

 

Solo in un contesto come questo può esserci un livello di benessere di una comunità proveniente dalla giusta quantità di lavoro che la coscienza del diritto consente di applicare. E solo questa può essere la base sana su cui costruire una economia sostenibile.

 

Ecco perché il sostentamento dell'uomo dovrebbe provenire non dal salario elargito dal datore di lavoro, ma da tutt'altra fonte. In altre parole, per mezzo di provvedimenti sociali si crea l'ambito giusto per un accordo realmente libero tra i dirigenti e gli esecutori del lavoro. E questo accordo non contempla alcuno scambio di denaro contro energia di lavoro, ma solo la parte spettante a ciascuno dei due contraenti che concorrono in comune alla produzione della merce (ibid. pag. 76).

 

L'imprenditore quindi non trattiene per sé il profitto prodotto dall'azienda. Tale profitto non è suo. L'imprenditore fornisce all'impresa le sue capacità esattamente come tutte le altre figure professionali coinvolte nella produzione. Egli riceve la sua quota come parte stabilita per la sua prestazione allo stesso modo in cui i suoi collaboratori ricevono la loro. Queste quote possono anche essere stabilite con una certa autonomia, cioè possono essere ritagliate finemente sulle capacità individuali, purché ci sia per esse il riconoscimento unanime della loro fondatezza da parte di tutti i partecipanti alla produzione. Ad esempio nessuna persona assennata avrebbe difficoltà ad attribuire un compenso elevato ad un imprenditore che grazie alle sue intuizioni è in grado di gestire la produzione come nessun altro saprebbe fare. In un contesto economico siffatto, gli uomini si riuniscono in aziende per produrre dei beni concordando assieme i rispettivi emolumenti.

 

Come i fanciulli hanno diritto all'educazione, così i vecchi, gli invalidi, le vedove, gli infermi, hanno diritto al sostentamento; il capitale che occorre a questo scopo dovrà fluire nell'ambito dell'organismo sociale come fluisce il contributo occorrente per l'educazione di coloro che sono ancora incapaci di produrre.

 

L'essenziale in tutto questo è che il fissare le entrate spettanti a chi non guadagna da sé non debba dipendere dalla vita economica, ma che viceversa la vita economica diventi dipendente da ciò che a tale riguardo risulta dalla coscienza del diritto (ibid. pag. 98)

 

Quanto appena esposto si rende necessario a causa della moderna divisione del lavoro che fa si che il singolo produca per la collettività una ben specifica merce, mentre per tutte le rimanenti egli dipende dal lavoro dei suoi simili. Su un piano ideale, la divisione del lavoro dovrebbe rendere comprensibile come la vita economica sia la sfera all'interno della quale fiorisce la fratellanza tra gli uomini: essi possono condurre una vita dignitosa mentre ciascuno soddisfa i bisogni dell'altro. Su un piano più contingente, essa pone il problema della commensurabilità dei valori prodotti dal lavoro umano che sono oggetto di scambio ovvero al problema della generazione del prezzo. Si tratta di un problema che non può essere risolto unilateralmente da nessun attore economico o sociale, ma richiede complesse interazioni diassociazioni economiche.

 

Nella parte finale di questa "TED TALKS" è spiegato con precisione cosa si intende qui per divisione del lavoro:

http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#day=2011-11-26&ch=31&v=95733&vd=2011-11-26&vc=31

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26 novembre 2011 6 26 /11 /novembre /2011 10:52

Come è contemplata

 l'economia nella triarticolazione


Ogni essere umano è umanità e quindi è fratellanza nella vita economica.

"La vita economica deve essere nell'organismo sociale una struttura relativamente autonoma come lo è il sistema neuro-sensoriale nell'organismo umano" (Rudolf Steiner, "I punti essenziali della questione sociale", Editrice Antroposofica Milano, 1980   pag. 48).

 

Questo non significa che l'economia debba potersi sviluppare e crescere in ossequio alle sole proprie leggi secondo quanto propugnato dal pensiero neo-liberistico moderno.


"La vita economica comprende tutto quel che riguarda la produzione, la circolazione e il consumo delle merci" (ibid.).

 

Tutto questo - e solo questo - complesso di processi che comincia col rapporto dell'uomo con la natura e prosegue in tutto ciò che l'uomo ha da fare per trasformare i prodotti della natura e per portarli fino allo stato di generi di consumo, costituisce la parte economica di un sano organismo sociale .


La vita economica deve poter sviluppare una vita autonoma incanalata all'interno di due "sponde" una delle quali è data dalle condizioni di natura, l'altra dalla sfera giuridica. Il fondamento di natura deve essere accolto come un dato di fatto sostanzialmente non modificabile (ad es.: la produttività dei terreni agricoli dipende largamente dalle condizioni naturali contingenti, cioè dal luogo in cui ci si trova. Invece processi economici non attuabili qualora non si sia in grado di accedere in loco alle necessarie risorse naturali esigono farle provenire da lontano).

 

L'altra "sponda" è costituita invece dai codici del diritto scoperti (e non inventati) da uno Stato politico (Stato di diritto) che deve essere articolato con la - ma indipendente dalla - sfera economica. Lo Stato politico ha il compito di regolare i rapporti di diritto di cui i processi economici necessitano, ma collocando se stesso al di fuori di questi ultimi.


Certamente una delle questioni più urgenti da sanare riguarda il cosiddetto "mercato del lavoro", dato che il lavoro non può avere un prezzo né pagato, ma può essere pagato solo il risultato del lavoro.

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25 novembre 2011 5 25 /11 /novembre /2011 16:28

uomo-capovolto.jpg

Che cos'è in Rudolf Steiner la triarticolazione dell'organismo sociale?

 

Nell'organismo sociale è possibile riconoscere tre strutture operanti l'una accanto all'altra con una certa autonomia. Rudolf Steiner le chiarì attraverso la nota similitudine fra organismo sociale e organismo umano.

 

Una prima struttura è costituita dall'organizzazione dei nervi e dei sensi ed ha il suo centro nel capo. Steiner raccomanda di pensare socialmente questa struttura come capovolta in quanto i veri frutti che alimentano l'organismo sociale provengono dalla testa umana, così come la linfa vitale dalle radici dei vegetali (le circonvoluzioni del cervello sono infatti non molto dissimili nella forma da quelle delle radici di piante ed alberi). 

 

Un'altra struttura si situa invece nel torace e riguarda il sistema ritmico, soprattutto la respirazione e la circolazione sanguigna, ma anche qualsiasi altro processo ritmico dell'organismo umano. La terza struttura, metabolismo, riguarda principalmente le membra e gli organi attivi nei processi del ricambio.

L'organismo umano è sano se ogni struttura interagisce con le altre due mantenendo la propria autonomia. L'organismo umano è malato se una delle strutture esce indebitamente dal proprio ambito e sconfina in quello delle altre. Allo stesso modo, l'organismo sociale deve potersi articolare in tre strutture indipendenti in se stesse ed aventi ognuna la speciale organizzazione che le è propria.


Le tre strutture in questione sono quella economica, quella politica e quella culturale.

 

L'organismo sociale triarticolato non significa "diviso in tre parti" cioè tripartito.

 

Steiner ha promosso il termine "triarticolazione" ("dreigliederung" in tedesco) distinguendolo bene da "tripartizione" in quanto l'organismo sociale triarticolato non significa affatto "diviso in tre parti" cioè tripartito, dato che questa divisione evoca una mera giustapposizione degli "arti" dell'organismo sociale e non il loro articolarsi, appunto. Chi crede all'opportunità di rendere in italiano il concetto "dreigliederung" con "tripartizione", errore fatto anche dagli inglesi con "threefolding", pecca di superficialità dando più importanza alla forma delle consuetudini linguistiche, che al contenuto sostanziale del concetto in oggetto.

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24 novembre 2011 4 24 /11 /novembre /2011 11:07

MartyFeldmanIgor2.jpgovvero: Sulle seghe di Piero (parte seconda)

ovvero: Sul vangelo di domenica 27 novembre 2011 (Marco 13,33-37)

 

Il vangelo di domenica è un avvertimento, che riassumo in una parola:  "Sveglia!".

 

Il verbo greco prevalentemente usato qui (Marco 13,33-37) è "blépete" col significato preciso di distogliere l'attenzione dall'inessenziale per volgerla all'essenziale dando il giusto valore alle cose per poterle leggere ed usare nella prospettiva migliore. Che significa allora "blépete"? Significa: "Occhio!", appunto, "Sveglia!", ed io se fossi Dio, come nella canzone di Gaber, aggiungerei: "Sveglia, o bestie! Sveglia o caproni! Sveglia o pecoroni"!

 

"Quale gobba? [...] Si aiuti con questo" dice Igor a Frankenstein Junior (nel famoso film omonimo diretto da Mel Brooks) dandogli il proprio bastone, dopo aver negato l'esistenza della propria gobba!

 

Nella spiegazione del video "Don Otelma - Quale gobba?" ho mostrato come il bastone che Piero Angela sembra voler offrire all'Italia zoppicante, sia non dissimile a quello di Igor, in quanto nega sostanzialmente l'esistenza del problema della disoccupazione (la "gobba"), affermando che nel "terziario, che è il tipico settore delle società avanzate" si sarebbero creati "milioni di nuovi posti di lavoro" dei quali "la scuola è un esempio tipico" con "circa 11 milioni di addetti: 10 milioni di studenti e circa 1 milione di insegnanti" (P. Angela, "A cosa serve la politica?" Milano, novembre 2011).

 

Domanda prolegomenica ad "Occhio!", cioè al risveglio: come mai Piero Angela dimostra con ciò di non saper distinguere gli studenti dagli insegnanti, i quali soltanto percepiscono un compenso per il loro lavoro di insegnanti, ed il loro numero è l'undicesima parte di quello citato nel sue esempio ("11 milioni di addetti")? Possibile che il grande Piero prenda qui una simile cantonata?

 

La risposta sta in quella che io chiamo la "hit parade della menzogna", in cui Piero Angela - come un esponente della "stampa" - si piazza al secondo posto . Affermando che la politica possa determinare il benessere di un paese solo se riesce "a stimolare e a far crescere in modo prioritario quei motori dello sviluppo che sono i veri produttori di ricchezza" (ibid.), dice sostanzialmente ciò che la politica dovrebbe fare per aggiustare l'Italia ma non riflette abbastanza sul fatto storico che la politica non riuscì mai e non riesce "a stimolare" alcunché in quanto si trova precisamente al terzo posto nella "hit parade" della menzogna!

 

Pertanto l'unica cosa che la politica dovrebbe davvero imparare a fare è quella di astenersi dal fare ogni cosa sia nell'economia che nella cultura, in quanto tutto quello che fa in questi campi non è che devastazione!

 

La "hit parade" della menzogna è il titolo che diedi nel 2004 ad una precisa dichiarazione di Rudolf Steiner che fece in una sua conferenza del 1921 e che voglio riportare qui.

 

Il sistema della disinformazione e della menzogna è, secondo Rudolf Steiner, così strutturato: al primo posto le confessioni religiose;al secondo la stampa; al terzo i politici:

"Vi è invero una certa gradualità nel mentire: al primo posto sono le chiese, al secondo viene la stampa e al terzo i politici; ciò è detto del tutto obiettivamente, e non su base emotiva. L'entusiasmo nel mentire è suscitato da quanto si apprende a seguito di un'educazione clericale. L'entusiasmo a mentire nella stampa è provocato dalle situazioni sociali, mentre nella politica la menzogna è solo una continuazione nella vita civile di quello che è del tutto ovvio nel militarismo, con il quale la politica è strettamente connessa. Volendo vincere un avversario, lo si deve ingannare, e tutta la strategia tende appunto a imparare come si inganna; è un sistema che viene trasposto nella vita civile, a seguito della parentela tra militarismo e politica. Ma mentre in questa il mentire è un sistema, negli altri due gruppi, giornalisti e rappresentanti delle confessioni, é entusiasmo per il mentire. Le considerazioni che ho esposto, non sono dettate da radicalismo, ma rispecchiano dati di fatto obiettivi. Il guaio è che la maggior parte della gente, per puro pregiudizio, non è ancora convinta che è impossibile rimanere nelle confessioni e dire la verità. Si può invero divenire una figura tragica entro una confessione, ma è impossibile avere una funzione in una confessione e dire la verità. Ciò non è possibile oggi [...]" (R. Steiner, conferenza di Stoccarda del 2/1/1921 (dal ciclo: "Come si opera per la triarticolazione sociale).

Quindi, l'unica cosa da dire, anche e soprattutto per il vangelo di domenica 27 novembre 2011, è: "Occhio gente!", "State in guardia!" E non solo perché non sapete quando dovrete morire, ma anche perché siete già morti se non vi svegliate prima...

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23 novembre 2011 3 23 /11 /novembre /2011 09:43

ovvero: Sulle seghe di Piero (parte prima)

la-tabella-di-piero.jpg

Scrive Piero che

"Nel primo diagramma sono rappresentati gli addetti all'agricoltura: nel 1861 erano quasi il 70%, nel 2010 sono crollati al 4,2%. Oggi, cioè, pochissimi addetti all'agricoltura producono molto più cibo di quello che 150 anni fa riusciva a produrre il 70% dei contadini" (Piero Angela, "A cosa serve la politica?", Ed. Mondadori, Milano, novembre 2011).

Giusto!

"Nel secondo diagramma si osserva un fenomeno importante. Il numero degli addetti all'industria cresce costantemente dal 1861 tino ad arrivare al picco del 44% nel 1971. Poi comincia a diminuire: è l'effetto dell'automazione, che richiede sempre meno persone per compiere lo stesso lavoro" (ibid.).

Giusto!

"Il terzo diagramma registra un fenomeno tipico dello sviluppo di un paese: grazie alle macchine che producono in modo sempre più efficiente cibo e oggetti (agricoltura e industria), possono aumentare le persone che si occupano di istruzione, amministrazione, commerci, banche, arte, ricerca, ecc. I tre settori (agricoltura, industria, servizi) si integrano e si influenzano a vicenda" (ibid.).

È giusto questo?

 

Se quest'ultima considerazione del Pierino sullo "sviluppo" dell'Italia nei tre settori (agricoltura, industria, servizi) fosse giusta, non ci sarebbero problemi di disoccupazione dato che "grazie alle macchine [...] possono aumentare le persone che si occupano di istruzione, amministrazione, commerci, banche, arte, ricerca, ecc.".

 

Nella realtà dei fatti però tutti questi occupati sono... disoccupati.

 

Cm'ela ché?

 

Traduzione letterale dal dialetto arquatese: "Com'è qui?", cioè: dov'è che si nasconde l'errore in questa affermazione?

 

Oppure non esiste alcun errore nell'esposizione di Pierino, così come secondo Igor non esisteva la propria gobba?


Secondo la "tradizione" degli economisti, Pierino scrive:

"Tradizionalmente, come è noto, gli economisti tendono a raggruppare le attività umane in tre grandi categorie: il primario (l'agricoltura, la pesca e le attività collegate), il secondario (il settore industriale, un'area abbastanza vasta che comprende, oltre all'industria, l'edilizia, l'artigianato, la lavorazione delle materie prime ecc.). E poi il terziario, che è il tipico settore delle società avanzate, dove si trova tutto ciò che non è agricoltura o industria: per esempio i commerci, le banche, le assicurazioni, la pubblica amministrazione, la sanità, ma anche il turismo, lo sport, la ricerca, l'informazione, l'arte, lo spettacolo, l'editoria ecc. E naturalmente la scuola. È proprio nel terziario che si sono creati milioni di nuovi posti di lavoro. La scuola è un esempio tipico. Se si guardano i dati relativi alla scolarizzazione in Italia, nell'arco degli ultimi 150 anni si vede come il suo "volume" sia costantemente aumentato, fino ad arrivare alla situazione attuale: oggi in Italia ci sono circa 11 milioni di "addetti" alla scuola: oltre 10 milioni di studenti e circa 1 milione di insegnanti. Tutte persone che, senza l'arrivo delle macchine, oggi continuerebbero a lavorare la terra e mungere le mucche" (ibid.).

Dunque per Pierino tutto va bene, dato che nel "terziario, che è il tipico settore delle società avanzate", si sarebbero creati "milioni di nuovi posti di lavoro" dei quali "la scuola è un esempio tipico" con "circa 11 milioni di "addetti": "10 milioni di studenti e circa 1 milione di insegnanti. Tutte persone che, senza l'arrivo delle macchine, oggi continuerebbero a lavorare la terra e mungere le mucche"! 

La rappresentazione evocata dalla veggenza di Pierino è quella di una società avanzata con milioni di posti di lavoro. E allora, ripeto, dove sta il problema? Quale gobba?

A me pare che Pierino nel suo esempio di "occupazione" non distingua fra studenti e insegnanti ("10 milioni di studenti e circa 1 milione di insegnanti"). Qui i "milioni di nuovi posti di lavoro" dei quali per Pierino "la scuola è un esempio tipico" dove sono? Non esistono, dato che i veri occupati nei cosiddetti "nuovi posti di lavoro", cioè coloro che davvero percepiscono un compenso per il loro lavoro sono un milione e non "milioni di nuovi posti di lavoro".

 

Pierino dice:

"Oggi c'è un forte risentimento contro la classe politica per i suoi troppi privilegi, per il malcostume diffuso, per i costi, l'arroganza, l'inefficienza, la corruzione. Ma in realtà esiste una questione molto più profonda [...] che riguarda il ruolo stesso della politica nella società. È radicata l'idea che sia la politica a determinare il benessere di un paese. E che, cambiando maggioranza, o cambiando leader, si possano ottenere cose che in realtà non dipendono dalla politica. E che non dipendono neppure dalla capacità di lottare per ottenerle. Questo non significa che la politica non sia importante, anzi. Ma soltanto se riesce a stimolare e a far crescere in modo prioritario quei 'software', quei motori dello sviluppo che sono i veri produttori di ricchezza. E anche i veri attrattori di investimenti. Ma è così che funziona la politica in Italia?" (ibid.).

E qui è sottinteso: no, la politica in Italia non funziona, e non si tratta di cambiare leader politico, né di lottare per ottenere il benessere. Allora di che cosa si tratta? Per Pierino, si tratta solo di riuscire "a stimolare e a far crescere in modo prioritario quei 'software', quei motori dello sviluppo che sono i veri produttori di ricchezza". Questo è per Pierino la condizione essenziale dell'importanza della politica: "soltanto se riesce" in tale stimolazione, la politica metterebbe tutto a posto.

 

Domanda: se il problema da risolvere è la stimolazione, dov'è l'errore di Pierino, dato che la politica non è mai riuscita e non riesce "a stimolare" alcunché?

 

A me pare che il problema di stimolazione sia solo un problema di seghe mentali, che non ha alcuna risoluzione se non quella di smetterla di masturbarsi il cervello...

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22 novembre 2011 2 22 /11 /novembre /2011 16:16

te-lo-do-io-steiner.jpgQuanto segue è il capoverso integrale da cui gli statalisti in modo superficiale deducono, estrapolandone una frase dal contesto, che solo mediante le leggi di Stato sia possibile risolvere la questione del denaro. La frase estrapolata è "Il denaro si logorerà, come si logorano le merci; ma questa misura, che dovrà esser presa dallo Stato, sarà giusta" (cfr. la pag. "Non confondiamo"). Se costoro avessero letto con minore superficialità, o addirittura se avessero almeno letto il capoverso interamente, si sarebbero accorti che esso si conclude esattamente col contrario della loro tesi, vale a dire con le parole: "La questione del denaro non verrà mai risolta in modo soddisfacente da uno Stato per mezzo di leggi; gli Stati attuali la potranno risolvere soltanto rinunciando da parte loro alla sua soluzione, e lasciando all'organismo economico separato le misure necessarie". - [Le note fra parentesi quadre sono mie; il testo è in parte da me riveduto solo al fine di facilitarne la comprensione].

"Il valore puramente economico di una merce (o di una prestazione), esprimendosi nel denaro che rappresenta il suo equivalente, non potrà che provenire dalla competenza che l'amministrazione economica ["l'amministrazione economica" a cui allude qui Steiner non è l'amministrazione dello Stato, ma l'amministrazione dell'economia fatta dall'economia stessa; noi siamo talmente abituati a rapportare immediatamente il concetto di amministrazione allo Stato che rischiamo subito di fraintendere qui l'intromissione dello Stato nel campo economico, in quanto viviamo da secoli in questo centralismo statalista in cui Lo Stato amministra tutto, distruggendo tutto; ma proprio per questo motivo Steiner parlava di amministrazione economica dell'economia "entro l'organismo economico"] saprà sviluppare entro l'organismo economico. Dalle misure che saprà prendere, dipenderà fino a qual punto - su base culturale e di diritto creata dalle altre parti dell'organismo sociale [ecco la tri-articolazione dell'amministrazione economica con se stessa, con la cultura e col diritto], potrà svilupparsi la produttività economica. Il valore monetario di una merce sarà allora espressione dell'essenzialità del bisogno, grazie alle disposizioni dell'organismo economico. Se nell'organismo economico si attuano le premesse esposte in questo libro, l'impulso ad ammassare ricchezze mediante quantità produttive non è più determinante, e grazie ad associazioni interconnesse nelle più svariate maniere, la produzione si coordina ai bisogni. Sarà così stabilito, in modo conforme a questi ultimi, il rapporto fra valore monetario ed organizzazione produttiva. Nell'organismo sociale sano, il denaro è in realtà solo un misuratore del valore (1), perché dietro ad ogni moneta o banconota c'è produzione di merce, e perché il possessore di denaro può ottenere denaro solo in base a tale produzione. In base alle condizioni esistenti, risulteranno necessari provvedimenti grazie ai quali il denaro, nella misura in cui abbia perso il significato sopra caratterizzato, debba perdere il suo valore in mano al suo possessore. Di tali provvedimenti si è già accennato: dopo un certo periodo, e nella dovuta forma, il possesso del denaro deve passare alla collettività, e periodicamente si dovrà riconiarlo o ristamparlo, affinché non succeda che, senza fini produttivi, esso sia trattenuto dal suo possessore, eludendo le disposizioni dell'organizzazione economica. Da simili condizioni non può che risultare che anche l'ammontare di interessi di un capitale, progressivamente diminuisca col passare degli anni. Il denaro si logorerà, come si logorano le merci; ma questa misura, che dovrà esser presa dallo Stato, sarà giusta. Non potranno più esservi "interessi" sopra interessi. Certamente chi fece risparmi, fece prestazioni che poterono conferirgli il diritto di ricevere poi delle contro-prestazioni in merci, così come le prestazioni odierne danno in cambio il diritto a relative contro-prestazioni. Tali pretese però possono estendersi solo fino a un certo limite, in quanto le pretese provenienti dal passato possono essere soddisfatte solo mediante lavoro attuale, non farsi un mezzo di violenza economica. Con la realizzazione di queste premesse, il problema monetario sarà comunque posto su base sana perché, qualunque saranno le circostanze di stabilizzazione monetaria, la moneta sarà la ragionevole base di tutto l'organismo economico ad opera della propria amministrazione. La questione del denaro non verrà mai risolta in modo soddisfacente da uno Stato per mezzo di leggi; gli Stati attuali la potranno risolvere soltanto rinunciando da parte loro alla sua soluzione, e lasciando all'organismo economico separato le misure necessarie" (Rudolf Steiner, "I punti essenziali della questione sociale", Ed. Antroposofica, Milano, 1980, pp.100-103).

(1) [Il denaro è per Steiner misura del valore e non anche "valore della misura" come teorizza il prof. Giacinto Auriti in modo contraddittorio; l'opera di Auriti non è comunque invalidata da questa sua originale teoria]. Per la vita economica, un sano rapporto fra i prezzi dei beni prodotti, può risultare solo da un'amministrazione dell'organismo sociale derivante da tale libera collaborazione dei tre sistemi dell'organismo sociale. Il prezzo dev'essere tale che ognuno, lavorando, possa ottenere, come equivalente per un prodotto, l'occorrente per l'appagamento di tutti i bisogni, suoi e dei suoi familiari, fino a quando non abbia ulteriormente lavorato nel suo campo per crearne un altro. Tale rapporto tra i prezzi non dev'essere fissato d'ufficio, ma risultare dalla cooperazione vivente fra attive associazioni dell'organismo sociale, cosa che non potrà che emergere con certezza solo quando la collaborazione poggerà sulla sana opera comune dei tre sistemi. E ciò risulterà con la stessa sicurezza con cui risulta un ponte solido quando lo si costruisce secondo giuste leggi matematiche e meccaniche. Obiettare che la vita sociale non segue le sue leggi allo stesso modo di un ponte, è facile. Nessuno però solleverà questa obiezione nella misura in cui si saprà riconoscere come - nell'esposizione fatta in questo libro - alla base della vita sociale siano pensate leggi viventi, e non matematiche.

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21 novembre 2011 1 21 /11 /novembre /2011 14:21

fischi-per-fiaschi.jpgUna delle ultime obiezioni stataliste, che mi è stata fatta riguardo all'emissione di nuovo denaro, è che nella proposta di Steiner il denaro nuovo dovrebbe reintegrare quello scaduto grazie allo Stato che dovrebbe imporre al denaro di consumarsi come le merci (pag. 101 dei "Punti essenziali"), mentre secondo i principi da me esposti ciò sarebbe un'indebita intromissione statale. Secondo questa obiezione io sarei dunque in errore quando dico che lo Stato secondo Steiner non deve emettere denaro.


Alla pag. sopracitata de "I punti essenziali della questione sociale" di Rudolf Steiner (Antroposofica, Milano, 1980) si legge: "Il denaro si logorerà come si logorano le merci; ma questa misura, che dovrà essere presa dallo Stato, sarà giusta".

 

Infatti la misura del "come si logorano le merci" sarebbe ingiusta se non dovesse essere uguale per tutti coloro che nella sfera economica emettono moneta.

 

Questo concetto di uguaglianza vale dunque per uno Stato finalmente di diritto.

 

Ciò però non significa affatto che lo Stato di diritto debba emettere denaro.

 

Solo leggendo la misura del logoramento del denaro come emissione, tale obiezione avrebbe senso.

 

Ma col leggere in tal modo, vale a dire col confondere la misura di un oggetto con l'oggetto non si fa altro che quanto si è fatto finora: sostituire lo Stato di diritto col diritto di Stato!

 

Lo Stato quindi, per Steiner, decide in che misura il denaro deperisce ma non lo emette in quanto lascia agli operatori economici la possibilità dell'emissione, eliminando così ogni monopolio, e promuovendo il free banking.

 

"La differenza fra me e il mio simile non consiste menomamente nel fatto di vivere in due mondi spirituali completamente diversi, ma nel fatto che, da un mondo di idee comune, egli riceve intuizioni diverse dalle mie.

Egli vuole svolgere le sue intuizioni, io le mie.

Se entrambi veramente attingiamo dall'idea, senza seguire alcun impulso esterno (fisico o spirituale), non possiamo non incontrarci negli stessi sforzi, nelle stesse intenzioni.

Un malinteso morale, un urto è escluso fra uomini moralmente liberi.

Solo l'uomo moralmente non libero, che segue l'impulso naturale o il comandamento del dovere, respinge il suo prossimo, quando questi non segue lo stesso istinto o lo stesso comandamento.

Vivere nell'amore per l'azione e lasciar vivere nella comprensione della volontà altrui è la massima fondamentale dell'uomo libero.

Egli non conosce alcun dovere all'infuori di quello con cui il suo volere si mette in intuitivo accordo; quel ch'egli sarà per volere in un determinato caso, glielo dirà il suo patrimonio di idee" (R. Steiner, "La filosofia della libertà", cap. 9: L'idea della libertà).

 

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20 novembre 2011 7 20 /11 /novembre /2011 11:54

Il Reddito di Base (RdB) non è il Reddito di Cittadinanza (RdC).

 

Da tempi mitologici sappiamo ed accettiamo come cosa buona e giusta che la fondazione della civiltà del diritto, cioè del civis romanus e del jus, avvenne col fratricidio (Romolo e Remo) e con la rapina (ratto delle sabine). Se ancora oggi non capiamo ancora questa anticristianità della “civiltà” e del “diritto” è inutile qualsiasi “dialogo” e qualsiasi politica: sarebbe come battersi per sostenere giuridicamente che il diritto non sia storto. Occorre dunque cambiare l'impostazione stessa del diritto. E questo è compito di ognuno, un compito che deve essere risolto dalla base, dunque da noi piccoli, e non dalle altezze veterotestamentarie dei Monti o dei Tremonti in via di tramonto...

 

Durante la prima guerra mondiale Rudolf Steiner fu esplicito su questo punto: "il diritto romano è una realtà anticristiana" (Rudolf Steiner, conferenza di Berlino del 14 aprile 1917).

 

Ma questo argomento fu da lui affrontato più volte:

"ciò che oggi chiamiamo il diritto è certamente esistito, in qualche forma anche prima della civiltà romana; però nella forma in cui lo conosciamo oggi, il diritto può considerarsi in certo modo un'invenzione dei romani. Quel "giure" che si presta particolarmente bene a distinguere ogni cosa in articoli di legge, a inscatolare concetti l'uno dentro l'altro, è un'invenzione dei romani. E perché i romani non avrebbero dovuto dire al mondo che cos'è il diritto, e in che modo si agisce secondo diritto? È chiaro [...]: basta riflettere agli inizi della loro storia, quali essi stessi ce la tramandano: a Romolo che uccise il fratello, per poi raccogliere tutti i prepotenti dei dintorni e fare di loro i primi cittadini di Roma; basta ricordare che essi  riconducono al ratto delle Sabine l'origine, la possibilità di esistere come popolo! Con l'aiuto della potenza che opera mediante il "retto uso dell'ostacolo", sembra dunque che quel popolo sia stato chiamato a inventare il diritto, a estirpare l'ingiustizia; quel popolo che fa risalire le proprie origini maschili a dei briganti e femminili a un ratto! Nella storia molte cose si possono imparare dai contrasti; ma occorre considerare i fatti per quel che sono, senza simpatie, né antipatie" (Rudolf Steiner, conferenza di Dornach del 16 settembre 1916, dal ciclo "Impulsi evolutivi dell'umanità. Goethe e la crisi del secolo diciannovesimo", Antroposofica, Milano 1976, pp.15-16). 

Ho faticato non poco a ricordare dove si trovavano queste osservazioni di Steiner, che all'età di 29 anni mi sconvolsero. Da allora io mi liberai della "politica" e mi interessai ad altro. Ecco perché io non comprendo assolutamente nulla di "politica". E me ne vanto.

"La romanità creò col "civis" un concetto avente caratteristiche che non esistevano prima della civiltà romana. A comprendere rettamente questo  concetto si avverte che esso è un po' come una pianta nata dal mero terreno politico-giuridico. Con ciò si attribuisce e si inserisce nel concetto di uomo un carattere politico-giuridico. Il concetto del "civis romanus", che è penetrato nel sangue dei popoli europei, sta in stretto rapporto con la politicizzazione del mondo dei concetti" (ibid. p. 23),

ovviamente ad uso del Delfino di turno.

"Alcuni giuristi fondano il nesso tra l'umanità moderna e la romanità, propriamente sul mero concetto del "civis", mediante il quale [...] l'uomo si inserisce in senso politico-giuridico nella sua comunità. Anche se non lo si ammette, con tale concetto l'uomo si inserisce nell'umanità in modo politico-giuridico. Aristotele parlava ancora di "animale politico"; egli metteva dunque ancora l'elemento politico in relazione con l'animale. Era un modo di pensare ancora del tutto diverso, un pensare immaginativo, non ancora un pensare politico; i concetti non erano ancora politicizzati.

Venne così formandosi un elemento che viene denominato secondo una categoria politico-giuridica. Non ci si rende conto che si denomina questo elemento con una categoria politico-giuridica, ma è proprio così; si sente l'effetto della mentalità politico-giuridico romana (magari lo si sente spesso solo inconsciamente) in quel mostro concettuale che in tempi recenti si è chiamato "civilizzazione" o "civiltà": un concetto che si fonda su quello di "civis" e del quale si è tanto abusato. Dietro a tutto ciò che è contenuto nella parola "civilizzazione" sta lo spirito romano. L'insistere sulla civilizzazione nel modo come oggi viene spesso fatto è indizio di mentalità romana, forse anche solo vagamente sentita: capita infatti che,usando un termine col quale si vorrebbe esprimere qualcosa di particolarmente elevato, si esprima senza saperlo una propria dipendenza da determinate forze storiche. Per chi scorga tutto tutto lo sfondo politico-giuridico della parola "civilizzazione", il pronunciare questo termine, nel senso in cui oggi viene usato, produce spesso una specie di pelle d'oca, una specie di recondito orrore. Fenomeni come questi bisogna pure enunciarli, perché la scienza dello spirito non è cosa per i bambini come qualcuno ritiene, ma è strumento di una seria conoscenza del mondo. Di fronte a questa seria conoscenza del mondo, molti concetti che oggi l'umanità adora come suoi idoli, cadranno dai loro piedistalli. La scienza dello spirito deve comprenderlo, poiché essa non è cosa per bambini. Essa non ha lo scopo di favorire una spcie di rapporto confidenziale cogli esseri del mondo spirituale, un rapporto piacevole, come quello che si può avere con i poeti; essa esiste per potersi accostare in tutta serietà al mondo spirituale e alle sue forze" (ibid., pp. 23-24).

Vi è dunque un diritto anticristiano oggettivamente di tipo imperiale, dittatoriale, violento, truffaldino, e criminale, partendo dal quale si vorrebbe parlare ancora oggi di "cittadinanza", di "reddito di cittadinanza", che è l'ultima follia dei non pensanti e credenti nello statalismo.

 

Occorre saper distinguere il reddito di base dal reddito di cittadinanza per non cadere dalla padella nella brace.

 

La base dei terrestri è la terra, non il "civis", e il reddito che la terra offre ai terrestri è la loro retribuzione, non la distribuzione, perché il distribuire presume un soggetto padrone della terra che invece è di tutti i terrestri.

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19 novembre 2011 6 19 /11 /novembre /2011 11:51

guavda.jpgLo Stato - ma si potrebbe dire tutti gli Stati (da quelli uniti d'America a quelli dell'UE) - non può che essere mafioso, in quanto la sua vita economica e quella culturale non sono staccate da quella statale.

 

L'economicismo e l'ignoranza che lo domina ha bisogno da sempre di stupidi al potere, e di cultura di Stato, che li glorifichi esattamente come sta accadendo oggi in Italia con Monti.

 

Cos'è la mafia? Eccone la caratterizzazione di Frank Coppola all'indomani del suo arresto nel 1980:

"Signor giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell'appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia..." (Giovanni Falcone, "Cose di Cosa Nostra", Ed. Rizzoli, Milano 1991, p. 50).

"Come è noto", scriveva Giovanni Falcone nel 1991, "la Comunità Europea concede un indennizzo per la distruzione degli agrumi in eccesso" (G. Falcone, cit., p. 144). Qui abbiamo una dichiarazione che dimostra con un esempio chiaro e tondo che la logica economica (del distruggere gli agrumi per alzarne il prezzo) atrofizza la logica giuridica, essenzialmente diversa, dato che tanto uno Stato di diritto quanto un Super Stato di comunità europee o di unioni europee poggianti sul diritto, dovrebbe invece impedire tale scempio, in modo che quegli agrumi anziché essere distrutti possano almeno comparire sulla tavola dei meno abbienti o di chi muore di fame.

 

È chiaro che lo scempio invece favorisce la mafia:

"Tutti sanno all'interno di Cosa Nostra che la mafia è implicata fino al collo nella distruzione di agrumi da cui ricava sensibili profitti" (Salvatore Contorno in Giovanni Falcone, "Cose di Cosa Nostra", cit., ibid.).

Ed è chiaro allora che la mafia vada da sempre a braccetto con la stupidità economicista e l'incultura dei giudici, nonché, per conseguenza, di tutti coloro che ci governano. Non diceva forse Gianfranco Miglio, parlando della degenerazione del federalismo americano, che perfino nella crisi economica del 1929 ebbero buon gioco tale incultura ed economicismo statizzati nel fare degenerare quei miscugli fra politica, economia e scuole dell'obbligo, simili a maionese impazzita, che prendono il nome di Stato?

"Ebbe buon gioco a far accettare dagli Stati aiuti finanziari, e interventi del governo federale, che gradualmente trasformarono gli Stati Uniti in una repubblica presidenziale accentrata non diversa dalle altre. La tendenza si rafforzò dopo la seconda guerra mondiale, perché la disponibilità di grandi risorse economiche durante le "presidenze imperiali" e il predominio del concetto di federalismo cooperativo resero il sistema dei "grants-in-aid" distruttivo dell'equilibrio originale della costituzione"? (Gianfranco Miglio, "Federalismi falsi e degenerati", Milano, Ed. Sperling & Kupfer, 1997, p. XIII).

Ma la degenerazione mafiosa della politica che accentra in sé economia e cultura, cos'altro è se non la faccia più oscura dell'URSS che si sta reincarnando da noi attraverso l'ideale cinese?


"Come spiega Miglio", scrive Geminello Alvi, citandone lo scritto "Federalismi falsi e degenerati",

"la Germania grande grossa e forte, che sta liquidando il sogno della "unione europea Paritaria", è il prodotto diretto della rozza e arcaica politica di conquista staliniana" (G. Miglio, cit., in G. Alvi, "Il capitalismo. Verso l'ideale cinese", Ed. Marsilio, Venezia, ottobre 2011, p. 248).

E più avanti, sempre parlando di Miglio,

"Alla biblioteca Lenin, in un libro di quel Miglio che fu grande studioso e corrispondente di Carl Schmitt: «La tenacia con cui i cittadini svizzeri hanno difeso per sette secoli le loro istituzioni e in particolare le prerogative delle comunità cantonali è il segreto della stabilità della Confederazione svizzera... Le minacce esterne e non una omogeneità etnica ha spinto alla collaborazione quattro stirpi diverse»" (Federalismi falsi e degenerati", cit., pp.XVIII-XIX). Ogni uomo libero, avverso alla omologazione in atto, deve pertanto complimentarsi che malgrado i ricatti, e ogni genere di dispetti, gli svizzeri ancora resistano, non abbiano ceduto dissolvendosi nell'Unione europea o prestandosi alla commedia dell'euro" (Alvi, "Il capitalismo. Verso l'ideale cinese", cit. p.300).

Ogni uomo libero, avverso alla omologazione in atto, dovrebbe pertanto complimentarsi con coloro che sabato 8 ottobre 2011 si sono riuniti a Bergamo (convegno "Ripartire da Miglio") per quella che vorrei chiamare l'autoderminazione degli ultimi rari pensanti.


La volontà di determinare i confini dell'azione dello Stato ha comunque radici profonde, perché ogni cultura, se non è ridotta a mero nozionismo ideologico, non può che innestarsi armonicamente in quella precedente, e in quella ancora precedente, e così via, fino al germoglio di Iesse, padre di Davide e antenato dell'io umano che si sarebbe incarnato all'inizio della nostra era.


"È caratteristico", afferma Rudolf Steiner, padre della triarticolazione sociale moderna,

"che proprio in Europa centrale siano sorti i pensieri su come dovrebbe formarsi lo Stato, senza che si fosse ancora giunti alla triarticolazione. È interessantissimo osservare che, partendo da certi concetti di Schiller e di Goethe, Wilhelm von Humboldt (che poté divenire persino ministro prussiano, ed è strano) nella prima metà del secolo diciannovesimo poté scrivere il bell'articolo: "Tentativo di determinare i confini dell'azione dello Stato" (Wilhelm von Humboldt, 1767-1835, "Ideen zu einen versuch, die Grenzen der Wirksamkeit des Staates zu bestimmen", Leipzig 1851). Qui si è realmente lottato per ottenere un reale edificio statale, si è cercato di cavare dai rapporti sociali quello che può essere appunto l'elemento soltanto statale, politico, giuridico. Il tentativo è riuscito proprio a Wilhelm von Humboldt, anche se in maniera imperfetta, ma non è questo che importa. Queste cose avrebbero dovuto poi essere perfezionate, per giungere a creare una realtà per l'elemento statale, mentre i vari Stammler continuano a balbettare che la vita statale è solo formata di vita economica" (R. Steiner, conferenza di Stoccarda del 13 febbraio 1921 sera, del ciclo" Come si opera per la triarticolazione dell'organismo sociale".

Gli Stati-Mafia e le loro continue, giornaliere, e programmatiche reincarnazioni URSS nell'UE in stile omologante cinese, sono appunto quell'idea di Stato che anziché articolarsi come diritto con l'economia e con la cultura come enti autonomi ed essenzialmente diversi dal diritto, le accentra in sé come cose proprie.


Quest'idea sta, appunto, crollando come il quarto Re della "Favola" di Goethe...


Tutte le paure indotte dalla Tv e dai media per il crollo di questa idea di Stato, anzi di Super-Stato, costituiscono ancora il vecchio sistema del terrore che però, grazie ad internet, non avranno più presa sulla gente.


Crolla l'idea dello Stato-Mafia nella misura in cui la sete di giustizia degli individui la sostituisca con quella di uno Stato di diritto che non si occupi mai più di economia, né di cultura.


Non abbiate paura di coloro che vi terrorizzano con idee mafiose del "dover essere" patrioti spennati.


Ron Paul, e non solo Ron Paul, ha dimostrato che il vero patriota americano fu e resta quello che si rifiutò di pagare le tasse all'Inghilterra e promosse la secessione dagli inglesi.


La stessa cosa sta capitando ora qui in Europa. I veri patrioti sono e saranno quelli che si rifiuteranno di pagare il pizzo mafioso, per quanto esso sia legalizzato dal Super Mario di turno. I Monti e i Tremonti tramonteranno, in quanto spiriti veterotestamentari...

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Presentazione

  • : Blog di creativefreedom
  • : Musicista, scrittore, studioso di ebraico e dell'opera omnia di Rudolf Steiner dal 1970 ca., in particolare de "La filosofia della Libertà" e "I punti essenziali della questione sociale" l'autore di questo blog si occupa prevalentemente della divulgazione dell'idea della triarticolazione sociale. http://digilander.libero.it/VNereo/
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